domenica, giugno 24, 2012
LE TRE SORELLE
Non mi riferisco all’omonima commedia di
Anton Cechov, ma alle “tre sorelle del rating”, cioè alle tre strutture che
emettono “sentenze” sull’andamento dell’economia
degli stati: sono “Moody’s”, “Standard & Poor’s”e “Fitch”.
Sono tutte e tre aziende “private” che
forniscono i loro servizi ad altrettanti “privati”; un po’ come delle
cartomanti – buone per chi ci crede – ma che stanno avendo rilevanza
istituzionale (un po’ come quel braccialetto di plastica che alcuni anni fa
doveva far bene alla salute).
Una di loro – esattamente la filiale italiana
della Standard & Poor’s – è sotto un’inchiesta penale messa in piedi dal
Tribunale di Trani e a giorni dovrebbe arrivare la richiesta di rinvio a
giudizio sul parere dato sul “rischio
Italia”; la Procura
di Trani sostiene che ci fu interesse privato in questa operazione, tant’è vero
che potrebbero venire a galla clamorose rivelazioni sulle pressioni esercitate
dai vertici americani sugli analisti italiani per pilotare – in negativo – i
giudizi sull’Italia; staremo a vedere, ma quello che mi interessa al momento è
vedere la cosa da un altro punto di vista.
Non è facile arrivare a comprendere perché
queste tre Agenzie sono diventate “opinioniste” ufficiali sugli andamenti degli
Stati; eppure tutti sanno che le loro considerazioni non sono “verità rivelata”
ma, come tutte le metodologie economiche, sono imperfette e possono produrre
previsioni sbagliate; eppure basta che una di loro abbassi il rating di uno
Stato perché si produca il finimondo.
Paradossalmente, possiamo dire che il
problema si risolverebbe con la battuta: “smettiamola di accreditarle e una
risata le seppellirà”, ma questo deregolamentare le situazioni finanziarie
degli Stati è un rischio che nessuno se la sente di correre; insomma, si tratta
di non pretendere garanzie sull’operato delle Agenzie, ma di prenderle per
quello che sono e non dare loro la veste di certificatori ma solo quella di
“alcuni esperti” – tra tantissimi che invadono il Pianeta – che emettono i loro
pareri.
Inoltre, bisognerebbe togliere ogni
riferimento al rating (cioè al parere) dalla regolamentazione dei rischi
bancari e finanziari, anche perché nel mondo contemporaneo .- sono saltati
tutti i sistemi per emettere queste valutazioni che non hanno niente di scientifico.
Aggiungiamo che per regolamentare un po’
meglio il sistema, bisognerebbe che due cose fossero messe in atto: la prima è
che le Agenzie non siano pagate dagli “emittenti” col rischio “umanamente
comprensibile” che i giudizi siano inquinati da altri interessi; la seconda
riguarda i metodi di comunicazione di questi giudizi al mercato.
Ormai è chiaro che il mercato è molto
sensibile a queste decisioni e, in particolare, al modo di riceverne le
comunicazioni; ed allora, perché non provare a comunicare i rating solo a
mercati chiusi e, meglio ancora, nei week end?
In questo modo le autorità monetarie dei
singoli Stati potrebbero avere le possibilità di attenuare l’impatto di questi
giudizi con il mercato, attuando qualche decisione d’intervento che venga
ritenuta utile per il caso in questione; e poi, ci sarebbe comunque un certo
lasso di tempo fino alla riapertura delle contrattazioni, tempo che potrebbe
essere usato in qualche modo.
Mi sembrano due norme di facile attuazione ma
che potrebbero salvaguardare il mercato dai rischi di inquinamento delle realtà
finanziarie, dei declassamenti a orologeria, come paiono essere le ultime
retrocessioni appioppate ai debiti sovrano e ad alcune grandi banche
dell’Eurozona.