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mercoledì, gennaio 26, 2011

EVOLUZIONISMO E RELATIVISMO 

L’odierna civiltà occidentale, dopo aver sotterrato tutte le filosofie di origine marxista o liberale ed avere ignorato persino le conclusioni della scienza, si avvia verso un cieco evoluzionismo che potremmo definire un consumismo portato all’eccesso, in cui il possesso di infiniti oggetti “sembra rendere felici”, sottilissimo veleno che viene inculcato nelle nostre menti, complici giornali, televisione e una pubblicità martellante che induce il cittadino medio a comprare oltre ogni ragionevole misura e se osa disattendere questa sorta di “dogma”, si sente come un traditore della propria società.
Se non esiste una morale universale e neppure la certezza di un Dio, è naturale che la nuova filosofia di vita dei nostri contemporanei è quel relativismo sul quale Papa Ratzinger sta combattendo fin dall’inizio del proprio ministero e che predica un sostanziale distacco dell’individuo da qualsiasi valore che “non gli convenga” o – per usare un eufemismo – che non sia di sua specifica accettazione.
Questo tragico evoluzionismo che è basato soltanto su uno sfrenato consumismo, soprattutto di cose inutili, porta direttamente alla consunzione dei costumi morali e civili delle persone che si ritrovano a vivere una realtà che non è poggiata su alcun fondamento spirituale e che quindi è destinata a franare.
Ed è così che la nostra società si ritrova piena di uomini sleali – verso se stessi, la loro famiglia e le istituzioni – e di donne che si vantano di non avere alcuna morale e che appoggiano questi comportamenti su una condizione materialistica dell’esistenza che irrimediabilmente conduce a “volere sempre qualcosa di più, costi quel che costa”; e, badate bene, questa realtà viene sbandierata come una conquista, come una azione “rivoluzionaria” tesa verso una totale libertà di costumi..
Nella società pre-industriale e pre-moderna, dove si viveva in villaggi che contenevano comunità di ridotte dimensioni, tutti conoscevano tutti e da tutti erano conosciuti, era impossibile barare al gioco della vita e apparire quello che non si era: questi valori che ognuno teneva a mostrare agli altri si possono riassumere in una sola parola: dignità.
E quello che affermo per gli individui è altrettanto valido per i governi, i quali pur sorretti da scarsa legalità sostanziale, possono essere tollerati solo se – a somiglianza del singolo individuo – rispettano le premesse e i postulati su cui si sostengono; se invece, sottobanco, stravolgono o addirittura capovolgono queste premesse allora siamo alla frode in grande stile. E questo, amici miei, è la storia dell’odierna democrazia rappresentativa, di quella che si definisce “democrazia reale”, di quella che governa il mondo civilizzato e cerca di imporsi definitivamente anche nel resto del mondo.
Poiché sarà difficile far regredire questo disegno della storia, auguriamoci almeno che tutti gli individui si creino da soli una tavola di valori e li seguano fedelmente; e questa posizione, lungi dall’essere un cinico disimpegno, è al contrario una tremenda e ferrea assunzione di responsabilità che non sono della società e neppure della famiglia o della Chiesa, ma sono “individuali” e, come tali, ognuno risponde di fronte all’intera comunità che rimane ferita da un comportamento anomalo e non rispondente alle premesse basilari che caratterizzano quella società.
E mi viene di chiudere con quel capitolo della “Nausea” di Sartre in cui il protagonista del libro – Antonio Roquentin – visita il Museo di Bouville dove sono raccolti i ritratti degli uomini più rispettabili e commendevoli della città, che egli – alla fine di un lungo esame – definisce con una sola parola: “sporcaccioni”; chissà cosa direbbe ai giorni nostri se capitasse nei palazzi delle istituzioni??!!

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