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domenica, dicembre 20, 2009

QUALCHE RIFLESSIONE SULLA CRISI 

Sulla crisi – quello che per gli italiani dovrebbe essere IL PROBLEMA – si avverte solo alcune uscite, di varia origine e marchiatura: chi la considera ormai finita, vinta, arrivata al capolinea, chi invece ne considera la vitalità almeno fino all’intero prossimo anno, con indubbie ricadute sul comparto occupazionale.
Ed è proprio su quest’ultimo problema che intendo proseguire: il Governatore della Banca d’Italia, Draghi – che pur non avendo voce in capitolo mi sembra l’unico che se ne occupi – ha dichiarato che al momento abbiamo 1 milione e mezzo di lavoratori italiani senza copertura “welfare”; stando così le cose, prosegue Draghi con termini ben diversi dai miei, non c’è da stare allegri se è vero che continua l’espulsione dal mondo del lavoro di così tanti italiani (ed anche extra comunitari, ormai appaiati nella disfatta) che si ritroveranno tutti in un mare di guai.
Quindi il problema che agita le masse non lo identificherei nelle strampalate parole del Di Pietro di turno o di qualche altro agitatore, ma nell’insicurezza e nella ribellione che ormai sta diventando patrimonio genetico dei lavoratori e che li spinge nelle piazze a rispondere all’appello di qualsiasi richiamo.
Eppure, guardando le cose da un’altra ottica, dobbiamo convenire che stiamo registrando alcune condizioni - almeno in apparenza – straordinariamente favorevoli alla ripresa: anzitutto il settore bancario.
I dati che sono costretto a propinarvi sono di dominio pubblico e quindi inconfubatili: cominciamo col dire che il mestiere delle banche, quando non sono impegnate in ”strane” operazioni di triangolazioni con grosse finanziarie, è quello di “acquistare” il denaro alle migliori condizioni possibili e “rivenderlo” al meglio.
Allora: il primo, cioè l’acquisto, deriva da due fonti: il privato al quale sapete bene che viene corrisposto un tasso irrisorio; e il pubblico, cioè l’intervento della Banca Centrale Europea che tiene il tasso europeo (euribor) fermo all’1%; ed ora vediamo a quanto ammonta il ricavo: la differenza è il cosiddetto “spreed”, che possiamo tradurre in “guadagno”; riporto solo alcune situazioni creditizie, tra le quali la più importante, forse la più ricorrente, è quella delle aperture di credito il conto corrente (tra l’8,51 e l’11,76 secondo gli importi); anticipi, sconti commerciali, crediti commerciali (tra il 10,94 e il 14,40); Leasing (tra il 5,53 e l’11,33); credito per l’acquisto rateale (tra il 10,76 e il 17,12); da notare che è bene distinguere e controllare bene il TAEG (tasso annuo effettivo globale) che è più esatto, per il controllo della valutazione del prestito, di quanto lo possa essere il TAN (tasso annuo nominale).
Quello che voglio dire è che il basso costo del denaro potrebbe consentire – a privati e Piccole e Medie Imprese (quelle grosse già lo fanno) di sedersi al tavolo con le Aziende di Credito e riuscire a strappare condizioni migliori per “acquistarlo”; questo nel caso in cui si abbia veramente “voglia” di continuare a lavorare e ad assumere gente per fare questo lavoro; se invece s’intende utilizzare questo denaro ottenuto anche a condizioni vantaggiose per eseguire operazioni di pura speculazione (o peggio), insomma solo “parassitarie”, allora tanto vale che le banche si tengano i loro soldi: tanto, per essere utilizzati mali, ci possono pensare anche da sole.
Questo perché dentro di me è sempre vigile l’idea di qualche tempo addietro e cioè che molti (troppi) imprenditori abbiano “utilizzato” questa crisi come uno spauracchio da presentare alle forze sociali e spendere così il meno possibile per compiere nelle loro aziende un vero e proprio “repulisti”; ricordate il concetto??

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