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lunedì, settembre 08, 2008

IL RITORNO DA VENEZIA 

Ed eccomi di ritorno dal Festival di Venezia e il mio primo pensiero è di raccontare, sia pure succintamente, quello che ho percepito: anzitutto è stato un anno che ha risentito, e non poteva essere altrimenti, della crisi generale e quindi alcune ristrettezze si sono avvertite, basti pensare che c’è stato un calo di quasi il 10% nelle affluenze del pubblico.

Poi si è avvertita una ristrettezza nelle disponibilità dell’organizzazione, ristrettezza spalmata in tutto, ad esclusione dei soggiorni di VIP o presunti tali; questo problema nasce dall’abbandono di alcuni sponsor (la TIM in testa) che hanno fatto ripensare alcune spese.

Anche i film ne hanno in un certo senso risentito, in quanto è stato privilegiato il prodotto italiano – anche nel “riempimento” – anziché andare scoprire qualche prodotto di una cinematografia a noi non consueta; ma questo avrebbe comportato una certa lievitazione nei costi ed allora si è preferito presentare alcuni vecchi titoli contrabbandandoli come “riscoperte”; comunque a me, che sono un patito di cinema, il tutto è piaciuto: come mia attività, vi posso dire che in 11 giorni ho visto 23 film ed ho fatto altrettanti articoli: non mi sembra poco!

A questo proposito, senza voler entrare ancora nel merito delle premiazioni – gli italiani ai margini, come neppure io prevedevo – vorrei proporvi, qui di seguito, la lettura del film che ha vinto il Leone d’oro della 65° Mostra del Cinema di Venezia, “The wrestler” del regista americano Darren Aronofsky, film non trascendentale, ma sicuramente più che decoroso decoroso, che ha avuto la fortuna di potersi avvalere di una eccezionale interpretazione di Mickey Rourke; la lettura che vi propongo è stata da me realizzata 45 minuti dopo aver visto il film (il tempo di arrivare in camera) e vi aggiungo che per farla ho impiegato circa un’ora (non l’ho neppure riletta).

E’ la storia di Randy Robinson, detto “The Ram” (l’ariete), un lottatore professionista in auge verso la fine degli anno ’80, il quale adesso si limita a sbarcare il lunario facendo incontri di periferia, anche se il suo ricordo attira ancora pubblico; è completamente in rotta con la figlia, Stephanie, che non vede da diversi anni (della moglie non si dice niente), ed è alla ricerca di una vera relazione con la quale stabilizzare la propria vita: ha un rapporto, al momento esclusivamente epidermico, con Cassidy, una spogliarellista non più giovanissima e, in qualche momento sarebbe tentato di andare oltre nella relazione con la donna, ma sia lei che lui, evidentemente scottati dalla vita, frenano sul futuro.

Incontriamo Ram – come viene chiamato affettuosamente da amici e colleghi – nel suo primo incontro sul ring e, prima ancora, nel backstage dei match, dove i vari lottatori “si mettono d’accordo” sulla tattica da usare e, in particolare, su chi deve vincere per fare contento il pubblico.

Ram ha l’incontro principale e, come stabilito, vince, ma il suo volto ed il suo corpo sono ancora più devastati dalle botte (vere) che i due lottatori si scambiano sul ring; dopo l’incontro Ram si reca nel locale dove si esibisce Cassidy e i due, dopo essersi scambiati delle effusioni in un privé, parlano di varie cose e, in particolare della loro vita: la ragazza vive con un figlio di nove anni al quale dedica tutti i momenti liberi, mentre l’uomo ha una figlia che – come già detto – non vede da svariati anni.

Dopo il secondo incontro al quale assistiamo, ancora vittorioso per Ram, questi ha uno svenimento e viene ricoverato d’urgenza in Ospedale: è un infarto di grosse proporzioni ed il medico che lo ha operato – gli è stato messo un bypass – lo invita a fare d’ora in avanti una vita tranquilla e morigerata e gli vieta assolutamente, se vuol continuare a vivere, di riprendere l’attività agonistica.

Triste e sconsolato per la prospettiva di dover lasciare il suo mondo della lotta, Ram, come al solito, si reca da Cassidy e si sfoga con lei: riceve un consiglio ben preciso e cioè quello di tentare una ricucitura nei rapporti con la figlia; l’uomo ci pensa sopra e quindi si decide a recarsi a casa della ragazza, nella quale ci trova una donna di colore (gli basta per “stabilire” che la figlia è lesbica), e ricerca un rapporto che la ragazza non accetta: “sei stato finora senza presentarti a nessuno dei miei compleanni ed ora che hai bisogno di qualcuno che ti assista cerchi me; scordatelo” e gli volta le spalle; su consiglio di Cassidy ed insieme alla ragazza, si reca in un negozio di abbigliamento per comprare qualcosa per la figlia: “un regalo fa sempre un buon effetto” gli dice Cassidy.

Viene scelto un capo di vestiario dal colore sgargiante ed un giaccone pesante per il freddo e, con questi regali, Ram si reca nuovamente dalla figlia: questa volta l’atteggiamento della ragazza è diverso e contiene una sorta di accettazione: i due fissano di incontrarsi a cena il sabato successivo.

Intanto Ram ha annunciato ufficialmente il suo ritiro dall’agonismo ed a ripreso a lavorare in un Centro Commerciale che lo impiega il sabato e la domenica; proprio quel sabato che deve recarsi a cena con Stephanie, una litigata con un cliente del negozio lo trattiene più del solito e Ram, all’uscita, fuori dei gangheri, si reca in un Bar per sborniarsi, quando si ricorda dell’impegno con la figlia: arriverà con oltre due ore di ritardo e sarà la chiusura definitiva “non ti voglio vedere mai più” gli dice la ragazza e l’uomo si rivolge allora a Cassidy per raccontarle l’accaduto e chiedere consiglio, ma anche con lei trova il modo di litigare e la ragazza lo mette alla porta, ripetendogli che “lui è solo un cliente per lei”.

Con queste due bastonate tra capo e collo, ricevute peraltro dalle due uniche persone che contino per lui, Ram si vede “costretto” a rientrare nell’unico mondo che lo ha accolto sempre con affetto – la lotta – e decide di accettare un incontro difficile con un avversario da lui già battuto in passato e che adesso vuole la rivincita, “l’Ayatollah”.

Cassidy apprende dell’incontro e capisce la situazione; si precipita nel luogo dove è stato montato il ring e giunge proprio pochi minuti prima che Ram scenda in campo; vanamente lo scongiura di non farlo, ma l’uomo – con una chiarezza disarmante – le dice che quello è l’unico mondo che non lo ha mai deluso, mentre tutti gli altri lo hanno scacciato.

Ovviamente l’incontro ha luogo nei modi stabiliti (dovrà vincere Ram), ma quando siamo nella parte finale, il suo avversario si accorge che Ram non ce la fa più e cerca di abbreviare, ma Ram vuole tentare una delle mosse classiche del wrestling, il volo dalla vetta delle corde sul corpo dell’avversario: fa fatica a raggiungere la posizione di partenza, il volo decolla, ma il regista non ci mostra l’atterraggio; evidentemente l’uomo atterra e muore sul ring.

Film di vicenda, che ci mostra la enorme solitudine in cui versa l’uomo, il quale non ha nessun aggancio con amici e famigliari, ma viene compreso solo da coloro che – almeno in apparenza – sono suoi avversari e i quali si dannano l’anima per riempirlo di botte (alcune vere altre finte).

La condizione di Ram è caratteristica: quando si accorge che il mondo – cioè la donna che ama e la figlia – non ne vogliono più sapere di lui, si rivolge all’unico mondo che lo ha sempre ospitato e continuerà a farlo; e in questa scelta è ben consapevole che sta avviandosi alla morte, ma questa soluzioni gli sembra una liberazione da una vita che ormai non ha per lui più alcun significato.

Le ultime due sequenze – l’estremo tentativo di Cassidy per fermarlo e l’incontro di lotta, con l’avversario che si preoccupa delle sue condizioni fisiche – sono strappalacrime, ma l’autore le realizza con buona maestria e con la tecnica del “pugno nello stomaco” (il nostro ovviamente).

L’attore, un irriconoscibile Mickey Rourke, mostra tutto il suo talento anche se si ritrova molto spesso sopra le righe, ma è un difetto perdonabile specie se consideriamo il personaggio che interpreta. Gli altri sono tutti ben al di sopra della media e quindi possiamo pronosticare a questo film un buon successo di cassetta.


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