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lunedì, settembre 16, 2013

LA MANIA LAICISTA DI HOLLANDE 



Il socialista Hollande, dopo avere fatto approvare il matrimonio gay – scatenando una miriade di proteste che i francesi non ricordavano da tempo – si sta avventurando su un altro terreno scivoloso, quello che riguarda la cosiddetta “morale laique” (morale laica), normativa elaborata dal ministro dell’istruzione Peillon.
A partire da alcuni giorni addietro, in tutte le scuole della Repubblica dovrà essere esposta in modo ben visibile la “carta della laicità”, documento che in 15 punti ribadisce il principio  della separazione dei poteri tra Stato e Chiesa, già espresso dalla legge del 1905 e ribadito dalla legge del 2004 nella quale veniva precisato il divieto di ostentare, in classe,  qualsiasi simbolo religioso.
Non è una cosa che ci riguarda, ma per amore di discussione mi sembra opportuno fare alcune considerazioni su questa normativa:  anzitutto una domanda, cioè “ma ce n’era bisogno?” e la risposta non è facile darla.
Diamo comunque una nostra definizione di “laicismo” o “laicità”: “atteggiamento che propugna l’indipendenza e/o l’autonomia dello Stato nei confronti di qualunque confessione religiosa.
Ma vediamo di cosa si tratta in questa “carta”.  L’articolo 1 afferma che i valori della Repubblica debbono essere condivisi da tutti gli alunni, mentre all’articolo 2 si ribadisce che i cittadini debbono essere tutti uguali di fronte alla legge e, all’articolo 3, si afferma che “non esiste una religione di Stato” e, all’articolo 10 si stabilisce che è vietata ogni forma di violenza e di discriminazione.
Un primo commento è che si tratta di “acqua calda”, cioè di cose sapute e risapute che vengono codificate per l’ennesima volta, ma che fanno parte di una sorta di “legge naturale” che è al di sopra anche dello Stato; infatti nessuna Nazione avrà nel suo ordinamento una norma che ammette la violenza e la discriminazione.
Ma da questo codice morale, nasce un problema non di poco conto: il ministro Peillon, infatti, non si è reso conto di compiere egli stesso una discriminazione, sia nei confronti della stragrande maggioranza dei musulmani di Francia, peraltro perfettamente integrata nel Paese e rispettosa della morale laica ed anche nei confronti degli allievi di ispirazione cattolica, obbligata a nascondere catenine e crocifissi al momento dell’entrata in classe.
Ed infatti le proteste non si sono fatte attendere: ha cominciato Dalil Boubakeur, rettore della Grande Moschea di Parigi che ha detto “è una nuova stigmatizzazione della nostra comunità” ed è proseguita con un intervento del Difensore dei diritti dei cittadini, Dominique Baudis, che ha immediatamente chiesto “chiarimenti” al Consiglio di Stato.
È naturale che la sola “carta della laicità” non è sufficiente per reprimere l’ostentazione dei segni religiosi; a questo proposito, si rischia che i musulmani possano essere tentati di rifugiarsi in quell’integralismo “nascosto” che il ministro Peillon cerca di contrastare e che – almeno in Francia – sembrerebbe superato nei fatti, ma pronto a riprendere nuova lena.
In questo secolo di multiculturalismo, ciascuno tende a considerare la propria cultura, quella che è in testa alla classifica; fare in modo che questa classifica non esista dovrebbe essere il compito degli stati laici, ma le modalità con cui giungere a questo risultato non discendono certo da mere imposizioni circa la esternalizzazione della propria religione; mostratele tutte, ma integratele!! Questo mi sembra un motto che possa valere la pena di attualizzare.

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