domenica, maggio 06, 2007
E SE...
Dalle mie parti si dice che il “se” è il patrimonio dei bischeri, come a dire che sulle ipotesi non si costruisce niente; il mio “se”, però è puramente speculativo e vuol ragionare – insieme a voi – sulle ipotesi che una certa cosa sia avvenuta in modo diverso da come i mass-media l’hanno presentata e sulle relative conseguenze.
Già, diverso da come ce l’hanno propinata i mezzi di comunicazione (TV e giornali): e allora cominciamo con il famoso e stucchevole – se non ci fosse un bimbo che è morto – processo di Cogne; la stragrande maggioranza dei media è colpevolista e, per il momento, i primi due gradi di giudizio danno loro ragione.
Facciamo ora finta (ecco il “e se…” del titolo) che una certa persona confessi di aver commesso il reato o, peggio ancora, che venga appurato che abbia ragione l’autore del libro che sostiene che il piccolo è morto di morte naturale per una eccezionale emorragia facente seguito ad un violento attacco epilettico.
Ebbene, se in un modo o in un altro, si viene a determinare l’innocenza della Franzoni, come facciamo (o meglio, come fanno i media) a fare ammenda nei confronti della madre del bambino??
Mi spiego: quanti articoli dovranno scrivere a favore della beatificazione della signora per fare ammenda delle brutte cose scritte in questi anni??
Questi sono i guai delle situazioni nelle quali i media prendono posizione anziché limitarsi a far scorrere l’evento e tutto quello che se segue.
E se….le maestre (e congiunti) e la bidella della scuola di Rignano Flaminio fossero innocenti dagli abusi sessuali sui loro alunni, anziché già condannati e, addirittura, etichettati come mostri?
Anche qui siamo nel campo delle ipotesi, ma facciamo mente locale e vediamo come sta proseguendo l’indagine: mentre il paese si è diviso in due parti contrapposte – gli innocentisti ed i colpevolisti – le autorità giudiziarie e di polizia proseguono le indagini e fanno filtrare, ogni tanto, qualche notiziola che va ad assommarsi alle altre che formano il castello di accusa.
In questo contesto i media fanno il gioco della magistratura e danno le notizie sulla colpevolezza con dovizia di particolari, mentre le dimostrazioni di innocentismo sono trattate a livello folcloristico.
È di oggi un appello del Garante della Privacy rivolto ai mezzi di informazione, perché vengano rispettati (e tutelati, aggiungo io) i piccoli coinvolti nella vicenda; troppo materiale è finito sui giornali e – secondo il Garante – molto di questo potrebbe essere coperto dal segreto istruttorio.
Io mi permetto abbandonare il fronte strettamente giudiziario e pensare invece a questi piccoli che domani saranno grandi e dopodomani saranno degli uomini: non si ritiene che le etichette impresse a fuoco vivo nella tenera carne dei bimbi non possano essere mai più tolte e rappresentare, invece, un fardello psicologico che li segnerà per l’intera esistenza?
Ma come potrebbero fare i media a orientarsi civilmente in questo mondo fatto di scoop?
Credo che il modo sia uno e uno solo: abbandonare l’imperativo della vendita ad ogni costo del maggior numero possibile di copie e orientare il contesto editoriale ad una maggiore – e perciò meno appagante – equidistanza dai fatti, senza cioè che ad ogni evento si abbia a formare il partito dei si e quello dei no; sarebbero giornali e TG più piatti e noiosi, ma certamente con maggiore equità e minori danni verso i lettori.