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mercoledì, dicembre 01, 2004

Noi e la violenza 

Sono successi, in questi ultimi tempi, due episodi che mi hanno fatto riflettere circa il rapporto che ognuno di noi sta avendo con la violenza.
Anzitutto vediamo i fatti: il PRIMO episodio si è svolto in Lombardia ed ha come protagonista un ex modello diventato agente di modelle nella Milano bene; il bellimbusto convive con una donna ungherese che, malauguratamente rimane in stato interessante e non sente ragioni di abortire.
Facciamo un passo indietro: l’ex modello aveva subito in passato una operazione che – a suo dire – lo aveva reso sterile e per questo aveva citato in Tribunale l’Ospedale e il Chirurgo che lo aveva operato chiedendo 500.000 Euro di risarcimento (cioè un miliardo circa).
È ovvio che se la sua convivente rimane incinta, salta tutta la teoria della sterilità e soprattutto salta la richiesta di risarcimento; bene, cosa fare: semplice, uccidere la donna (strozzandola) e poi dare fuoco al cadavere in modo da cancellare ogni traccia del feto.
Detto così, mi fa l’impressione della trama di un film “noir”, ma invece è brutale, oscena realtà: come si può pensare ad un essere umano che, dopo aver messo incinta una donna con la quale ha convissuto abbastanza a lungo, la uccide e distrugge il cadavere e, di conseguenza anche il figlioletto che la ragazza portava in grembo e del quale egli era il padre. Tutto per un miliardo: chiaro che questo denaro gli sarebbe dovuto rimanere talmente indigesto da dover essere utilizzato tutto in medicine, clisteri e supposte!
Il SECONDO episodio è accaduto in Toscana, precisamente a Firenze, ed ha per protagonista un cieco ed il suo fedele cane da accompagnamento, di nome Sheila.
Mentre i due si trovano a passare per una via del centro, incrociano uno o più punkabbestia, che sono una forma moderna dei barboni di una volta, mischiata ai contestatori dei Centri Sociali, ed hanno come segno caratteristico la compagnia fissa di un cane, al quale – è giusto dirlo – dedicano grandi attenzioni, tant’è vero che li portano in giro senza guinzaglio per…paura di fargli male..
Torniamo al nostro cieco ed al suo cane: l’uomo sente improvvisamente la propria bestia guaire di dolore e sente un brontolio minaccioso di altri cani; istintivamente, per difendere il proprio “compagno” allunga una pedata – ovviamente senza mirare a niente, essendo cieco – e incoccia uno dei cani aggressori.
La reazione del o dei giovani è stata micidiale: inveendo contro il cieco per la pedata allungata ad uno dei loro cani, hanno preso a spintonarlo, poi a colpirlo con pugni e schiaffi, quindi – caduto a terra il malcapitato – lo hanno preso a pedate, ferendolo in vari punti del corpo ma, per fortuna, in modo non gravissimo. Il povero cieco è ricoverato all’Ospedale e adesso il suo pensiero – oltre ai vigliacchi che lo hanno colpito – è rivolto a Sheila della quale dice “quando non ci sono io non vuole mangiare e neppure uscire di casa; bisogna che torni presto a casa”.
Cosa ci rappresentano questi due episodi, se non l’indifferenza verso la sofferenza altrui e – in qualche caso – addirittura verso la vita degli altri?
Mi sembrano la riprova che il senso di umanità che dovrebbe distinguerci dalle bestie si stia sempre più affievolendo, facendoci regredire sempre di più.
Va a finire che le scimmie, sentendo che noi discendiamo da loro, fanno un’azione legale di disconoscimento della paternità e ci lasciano nel guado della non conoscenza delle nostre origini!

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