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lunedì, aprile 21, 2014

UNA DELLE MIE PAURE SI E' AVVERATA 



Vi spiego prima la mia “paura”: facciamo mente locale e spostiamoci in un gabinetto di analisi dove una quantità altissima di persone – uomini e donne – viene sottoposta al prelievo del sangue il quale successivamente viene sottoposto ad una analisi da cui risulta lo stato fisico del paziente.
Tralasciamo il “disagio” del prelievo coatto del sangue, con l’ago della siringa che stenta ad entrare e, comunque, quando entra nella vena riesce a fare quanto occorre, cioè prelevare la quantità occorrente di sangue per fare le analisi richieste dal medico.
A questo punto tutte le provette vengono etichettate e messe in un contenitore dal quale poi vengono estratte per passare alla seconda fase: ricerca delle caratteristiche del sangue.
È a questo punto che, invariabilmente arriva la mia “paura” e cioè la domanda che mi faccio regolarmente: come fanno i tecnici e le infermiere a non sbagliare “mai”, cioè ad assegnare regolarmente la provetta del signor Rossi proprio al signor Rossi e via di questo passo; e se la provetta del signor Rossi viene assegnata al signor Verdi? In questo caso le analisi di uno vanno a riferirsi ad un altro con le conseguenze che è facile immaginare.
Ebbene, questa situazione che io ho paventato tante volte, si è verificata veramente; il fatto  è avvenuto a Pisa ed ha riguardato un paziente di Livorno che si è sottoposto – su specifica richiesta del medico – a delle analisi che hanno diagnosticato la presenza di un carcinoma alla prostata.
Ma la sfortuna – si fa per dire – era in agguato e infatti i paramedici e i medici che si sono occupati dell’analisi, hanno semplicemente “scambiato” le provette di due uomini e quindi hanno fatto erroneamente operare  - appunto con l’asportazione della prostata – un paziente sbagliato.
L’intervento chirurgico di asportazione della prostata sul paziente “sbagliato” – che ovviamente non necessitava di alcun intervento – è stato eseguito nel febbraio 2011 e la Magistratura ha accusato due dottoresse e un’infermiera, quest’ultima rea di avere inserito nelle provette etichettate con il nome di quest’uomo, i campioni prelevato a un altro paziente (affetto veramente da carcinoma maligno).
Possiamo definirlo un altro caso di malasanità?  Non lo so, ma certamente è uno di quei casi che approda in Tribunale dove si giocherà anche la battaglia dei risarcimenti.
Sono molte infatti le differenze tra i processi penali (in diminuzione) e le cause civili (in aumento) per presunti errori dei medici.
Nel Civile circa il 40% delle cause si risolve entro i due anni, dopo la perizia del consulente nominato dal Tribunale che stabilisce se sussista una autentica responsabilità dei medici.
Quando la causa va avanti occorrono in media sei anni; troppo, per cui molti rinunciano al penale, che bloccherebbe il ricorso civile; c’è da aggiungere che per i processi penali, solo il 30% si conclude con una condanna dell’operatore sanitario.
Comunque, torniamo all’inizio di questo post: lo scambio delle provette non è un caso così impossibile come mi viene detto da tutti gli operatori del settore.
E per di più, non riesco a scordare che subito dopo Pasqua (22 o 23 aprile) dovrò sottopormi ad un nuovo prelievo per scoprire la situazione di alcune componenti del mio organismo; voglio sperare che non accada niente di “anomalo” durante l’operazione, altrimenti non so chi mi potrebbe tenere a sedere sulla sedia del prelievo.

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