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mercoledì, aprile 23, 2014

LE NOMINE AI VERTICI DELLE AZIENDE DI STATO 



In questi giorni il nostro premier, Matteo Renzi, si sta cimentando in un'altra operazione  non facile: il rinnovo dei vertici delle aziende di Stato.
La prima cosa da rilevare è l’applicazione anche a queste nomine del concetto della “parità di genere”, cioè sia i maschietti che le femminucce sono paritarie a livello della scelta. 
Le nomine in questione non sono ancora terminate, ma in questa prima “mandata” si è assistito ad un’alternanza tra uomini e donne in perfetta chiave paritaria.
Facciamo qualche esempio: il nuovo gruppo dirigente di ENI è così composto: Claudio Descalzi Amministratore Delegato e Emma Marcegaglia in qualità di Presidente (evidentemente ha superato l’esame del comitato nomine in quanto poteva avere conflitti di interesse in riferimento a cariche in società concorrenti); passiamo all’ENEL ed in questo caso troviamo un’altra bella accoppiata: il timone di Amministratore delegato passa a Francesco Storace che proviene da, Enel Green Power, affiancato alla Presidenza da Patrizia Greco, manager della scuola Olivetti.
C’è poi da notare la situazione in Finmeccanica dove Mauro Moretti assume la carica di Amministratore delegato e raggiunge il confermato Presidente Gianni De Gennaro.
Quando si cita Moretti non possiamo fare a meno di ricordare il piccolo diverbio avuto con Renzi in relazione allo stipendio; nel precedente incarico di Amministratore delegato di FS, il buon Moretti guadagnava più del doppio di quanto è il limite massimo consentito, che poi sarebbe lo stipendio del Presidente della Repubblica, 238/mila euro annui.
Appena superata la grana delle nomine, c’è un altro problema – non da poco – che avanza: il ricambio ai vertici delle grandi aziende pubbliche costerà allo Stato delle buonuscite milionarie; la stima complessiva delle liquidazioni dei manager non riconfermati ammonta a oltre 25/milioni di euro, cifra che i dirigenti in uscita passeranno ad incassare così come stabilito dai loro specifici contratti.
Il solo azzeramento dei vertici dell’ENI (Paolo Scaroni), di ENEL (Fulvio Conti) e Terna (Fulvio Cattaneo), costerà allo Stato la bellezza di 15/milioni di euro.
Dobbiamo subito dire una cosa: con queste nomine il Presidente del Consiglio ha voluto lanciare il chiaro messaggio che regole e procedure, seppure importanti, non possono e non devono condizionare le decisioni.
Insomma, mettere mano al portafoglio per pagare buonuscite milionarie è il prezzo da pagare per iniziare ad attuare  la rivoluzione prevista e marcare così una netta discontinuità rispetto agli inquilini che lo hanno preceduto a Palazzo Chigi.
Oddio, per la verità il portafoglio che deve sborsare questi 25/milioni di euro non appartiene al nostro premier, ma “a tutti noi”, cioè si tratta di denaro pubblico che viene utilizzato per sistemare una questione importante.
C’è poi da sottolineare che, in caso che Palazzo Chigi si inventi delle “poltrone” per andare incontro a coloro che sono stati defenestrati, c’è da ritenere che questi signori potrebbero andare incontro al governo e lo facciano risparmiare qualcosina; ma io non lo farei: se il denaro spettante è quello, che lo  si trovi e si paghi e quindi si caccino fuori dalla porta, tanto – la frase che “lasceranno un vuoto incommensurabile” – è una delle più grandi sciocchezze che ho sentito e ricordiamo che offrire un incarico di prestigio a colui che poche ore prima è stato cacciato, mi sembra che non deponga bene, ne come logica delle cose e neppure come logica degli strumenti che si usano.

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