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martedì, aprile 29, 2014

I DEBITI DELLE AZIENDE PARTECIPATE 



Anzitutto vediamo cosa sono queste “aziende partecipate”; sono aziende costituite per affidare loro alcuni servizi pubblici locali, che sono partecipate – a varie percentuali, ma quasi sempre in forma maggioritaria – dall’ente locale che ha disposto l’operazione.
È evidente che la finalità prima è quella di eludere, surrettiziamente,  i vincoli e i controlli di finanza pubblica, mettendo davanti a tutto una società che, sia pure legalmente “non pubblica”, di fatto, è nient’altro che una “longa mano” dell’ente pubblico che sta dietro a tutta l’operazione.
E quindi, quando si dice “tagli negli enti locali” è solo un modo di dire ma di fatto è molto complicato arrivare ad intervenire in questa situazione in cui una finanza dissestata si trincera dietro una “non  pubblica” azienda che sembra essere quella che fa e disfà, ma che nella realtà delle cose è soltanto una facciata di carta velina.
E quando lo Stato arriva a cercare di mettere le mani su questi bilanci disastrati, si trova a viaggiare in una palude melmosa nella quale intervengono non solo gli amici degli amici, ma anche i veri creditori che hanno da riscuotere dei debito pregressi da fare girare la testa.
Perché hai voglia di dimezzare le auto blù, hai voglia di ridurre i vitalizi ed altri costi della politica, ma se una parte dello Stato – e in particolare le migliaia delle società “partecipate” – rappresentano, come ha detto in forma molto simbolica la Corte dei Conti, “un vero e proprio cancro”, non si va da nessuna parte.
La stessa Corte dei Conti identifica in 34/miliardi di euro il debito complessivo delle partecipate; tutto questo perché 2.444 di queste società – il 76% di quelle possedute, è perennemente in debito e, nel debito complessivo degli enti locali (58/miliardi di euro) rappresenta ben il 69%.
Il governo sa bene che questa situazione cancerogena deve essere ripianata in qualche modo, anche perché altrimenti non si va da nessuna parte e quindi si è dato un compito ben preciso: provvedere ad una drastica riduzione nei prossimi tre anni.
Ma di cosa si occupano queste società? Spesso si occupano di settori strategici per l’amministrazione locale (per esempio i trasporti pubblici) mentre altre non hanno niente a che vedere con il pubblico ed operano in settori in cui i privati svolgono compiti analoghi a prezzi ben più bassi; in questi casi la situazione oltre che drammatica, sembra proprio di una illogicità così macroscopica che solo la politica può generarla.
Volete un dato che rappresenta da solo l’assurdità della situazione? Tra il 2008 e il 2010 la produzione di queste società è cresciuta dello 0,5%, mentre nello stesso periodo il debito relativo è salito dell’11.62%; quindi sembrerebbero fatte solo per “creare debito”
In questo pascolo gigante nel quale bruca la maggior parte della politica italiana, si tiene in piedi una classe di uomini politici più o meno trombati e di amici degli amici che sono “messi a stipendio” in queste strutture: gettoni di presenza, rimborsi spese, assunzioni clientelari, contratti a termine da deliberare, acquisti da stanziare; sono tutte piccole o grandi fette di potere, favori da fare o ricevere al momento opportuno (cioè vicino alle elezioni), con la certezza di essere ricompensati al momento del bisogno: insomma una sorta di “cassa mutua” per la vecchiaia di questi super pensionati della politica. Al nord, al sud e al centro, nessuno è esente e nessuno può chiamarsi fuori; e in questo mondo la parte del leone la fa – da sempre – il partito di Renzi, dal quale il premier può attendersi qualunque imboscata.

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