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mercoledì, aprile 09, 2014

DUE TIPI DI "RIVOLUZIONE" 



In questi ultimi tempi si sono avute due “manifestazioni” – convengo che sono differenti – che hanno delle similitudini: la prima è quello che è successo in Ucraina, mentre l’altra è accaduta in Venezuela.
Alla base di entrambe c’è sicuramente una sorta di “rabbia popolare”  cher unita alla crisi economica che costringe a tirare la cinghia, volge verso il regime imperante  al quale viene proposta tutta la gamma della rabbia popolare; in sintesi, l’oppressione e la repressione del regime, contrapposte alla corruzione della nomenklatura.
In entrambi ib casi – sia pure lontani migliaia di chilometri – i bilanci degli scontri sono stati sanguinosi: un centinaio di morti nelle strade di Kiev (forse di più) e una cinquantina in quelle di Caracas.
La vicenda ucraina si è diretta verso uno sbocco diverso:  dalla sommossa popolare: l’attacco al governo è stato spalleggiato dalla Russia che in pratica ha poi messo le meni su quello che gli interessava (gas, petrolio ed altre fonti emergetiche).
In Venezuela, invece, le cose sono andate diversamente: la gente è andata contro il governo della Nazione, il quale rappresentava l’ultimo esperimento socialista del ventunesimo secolo, quello imposto alla sua gente dal defunto Hugo Chavez.
Per la verità, anche in Venezuela i golpe erano ricorrenti come le feste del patrono, ma prima o poi lasciavano il posto a elezioni multipartitiche; come la storia insegna, le dittature militari sono reversibili, quelle ideologiche molto meno.
La rivoluzione bolivariana di Chavez appartiene alla categoria dei movimenti ideologici, essendosi ispirata al comunismo caraibico di Fidel Castro, copn una bella spennellata di Che Guevare.
Tutto questo “frutto misto” era stato sufficiente agli intellettuali ed ai politici nostalgici per celebrare Chavez come il nuovo caudillo, come colui che avrebbe riscattato – in un modo o nell’altro – le classi povere.
E invece che cosa è accaduto? Semplice; come nellì’ex URSS, negli ex satelliti, a Cuba, nella Corea del Nord, dovunque uil comunismo è sopravvissuto nelle sua versione “dura e pura” la povertà si è estesa e il tenore di vita si è livellato, ovviamente, verso il basso.
Per cui oggi, cioè quindici anni dopo l’avvento di Chavez e del suo comunismo,  e dopo solo un anno dalla sua morte, il suo successore – Nicolas Maduro – non riesce nemmeno a garantire il latte in polvere per i bambini.
La moneta nazionale, il bolivar, si svaluta da un giorno all’altro; l’inflazione è alle stelle e rode quei già miseri stipendi, la disoccupazione cresce a dismisura e genera manifestazioni di protesta dettate dal “bisogno”; in questo contesto protestatorio, s’infila la criminalità organizzata che fa il proprio comodo.
Intanto arrugginiscono gli impianti petroliferi “nazionalizzati” e sottratti ai privati negli ultimi anni e consegnati – da una burocrazia corrotta – a quella che da quelle parti chiamano “borghesia di stato”.
Questo è quanto accade a Caracas e bel resto del Venezuela; questo ikl background del silenzio che in Italia e in altri Stato europei (ma anche nell’amministrazione americana) circonda quella tragica vicenda.
In questo drammatico contesto, c’è stata l’uccisione di un giovane italiano, Roberto Annese, di cui la Polizia non riesce a trovare l’assassino; magari ci sarebbe da chiedersi se a Kiev le cose sarebbero andata a finire allo stesso modo!|!

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