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lunedì, gennaio 27, 2014

TENIAMOCI STRETTA LA CONVERSAZIONE 



Dal Mit di Boston una celebre psicologa prende una decisa posizione sul modo di parlare degli esseri umani: “ridateci la conversazione” afferma con decisione e chiarisce che oggi non si parla più ”con” qualcuno presente, ma “a”qualcuno lontano, che viene raggiunto con sms o altri tecno linguaggi.
È indubbio che l’uomo contemporaneo è disabituato alla conversazione: anzitutto la televisione ci insegna, o meglio, ci impone, che c’è una sola fonte “che parla” e l’altra – cioè tutti noi spettatori – che ascoltano, senza nessuna possibilità di replica e nemmeno di chiarimento su quanto affermato.
La conversazione è l’elemento base della comunicazione; ma cosa intendiamo con quest’ultimo termine: per comunicazione s’intende l’instaurarsi di un rapporto tra due persone aventi simile linguaggio; quello che dice uno, viene valutato dall’altro e, se del caso si ha una replica che approva o meno quanto affermato, da questa nasce una nuova replica più o meno di approvazione o di disapprovazione.
Insomma la comunicazione deve svolgersi in forma corretta e colui che ascolta deve avere la possibilità di replicare e anche l’altro deve poter rispondere; chiaro il concetto?
Se ci pensate bene, dovere ammettere che ci prende una sorta di frenesia quando qualcuno racconta qualcosa di cui anche noi siamo a conoscenza, anzi ci accorgiamo che noi avremmo da dire di più e meglio.
Un tempo s’incontrava “l’architetto” oppure “il poeta” o ancora “il viaggiatore” e c’era tanto da chiedere loro, almeno quanto era la nostra voglia di apprendere; oggi tutti – o quasi – abbiamo un viaggio da raccontare, un arredamento personale da illustrare ed anche un romanzo nel cassetto. E se poniamo una domanda all’”esperto di turno” è solo per introdurre un tema di cui vogliamo parlare noi verso gli altri.
Possiamo dire che “il protagonismo” ha ucciso la conversazione? È una possibilità, così come la uccide l’abitudine ai concetti preconfezionati, ai commenti di seconda mano scippati a quel supermarket dell’informazione che è la televisione ed anche la stampa di massa
Personalmente posso dire che se c’è ancora una conversazione che mi incanta e mi rilassa è quella dove ascolto; e non perché non potrei intervenire, ma proprio perché il modo semplice e disincantato usato da colui/colei che racconta  mi “costringe” all’ascolto.
Ma questo accade di rado: oggi quando uno comincia a raccontare, viene quasi subito interrotto da uno degli ascoltatori e quindi si comincia a dibattere, a polemizzare e perciò si passa ad un  blaterare scomposto, al chiacchierare smodato, si spettegolezza, si ciancia e basta; e dell’argomento iniziale si perdono completamente le tracce.
Ma insomma, al giorno d’oggi chi conversa più? Conversare amabilmente non significa convenire che la terra gira intorno al sole, ma introdurre il dubbio che sia il sole a girarci attorno, argomentando il  tutto con eleganti paradossi; e chi è intorno ai due dialoganti, si diverte anche solo ad ascoltare.
Discutere è d’obbligo sostenere ciò che si pensa, ma nel conversare di dovrebbe sostenere anche il contrario; insomma – usando un paradosso – non si può giocare a ping-pong stando dalla stessa parte del tavolo.
Da tutto quanto è emerso in questa mia scomposta dissertazione, saper parlare e saper ascoltare per il solo piacere di farlo, è diventata un’arte in via d’estinzione!|!

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