domenica, gennaio 19, 2014
LA CRISI CONTINUA A UCCIDERE
E’ la storia di un giovane di 29 anni, che
chiameremo convenzionalmente Mario, il quale ha impiegato i trascorsi 24 mesi
(due anni!!) a inviare curriculum con il proprio diploma alle aziende che
riteneva potessero essere interessate, ma nessuna ha mostrato un qualche
interesse, al massimo lo hanno liquidato con un “le faremo sapere”. Dopo questo tempo trascorso a fare il proprio
dovere di “bravo ragazzo diplomato”, ha perso le speranze ed ha deciso di
togliersi la vita: è uscito di casa a bordo della piccola auto di famiglia, ha
vagato per alcune ore in preda all’angoscia ed alla disperazione e infine ha
raggiunto uno spiazzo a poca distanza dal proprio paese e si è stretto attorno
al collo una fascetta da elettricisti fino a darsi la morte.
Nell’auto i carabinieri hanno trovato – oltre
al corpo del povero giovane – alcuni bigliettini che stavano a testimoniare la
disperazione e l’estrema solitudine in cui il giovane stava vivendo la propria
esistenza.
La madre, che chiameremo convenzionalmente
Maria, ha dichiarato che il giovane “da quando si era diplomato andava avanti
con lavori saltuari e malpagati; era disoccupato da due anni, continuava a
ricevere porte sbattute in faccia e a inviare alle aziende – anche fuori Italia
– curriculum che forse nessuno leggeva”.
Nel mondo politico si dice che le istituzioni
dovrebbero fare di più; o meglio dovrebbero informarsi di più; in pratica, “chi
ha responsabilità nelle istituzioni deve chiedersi per primo se, pur nelle
mille difficoltà e vincoli di competenze e di risorse, siamo capaci di dare
tutte le risposte concrete possibili rispetto a questi drammatici problemi.
Nel 2013 sono stati 119 i suicidi registrati
a causa della crisi economica e della mancanza di lavoro; forse vale la pena
ricordarne qualcuno, tanto per chiarire il concetto e renderlo emblematico di
una realtà drammaticamente indecente.
A capodanno del 2013, nelle Marche, una
laureata di 34 anni con borsa di studio e stage effettuato in Canada, non trova
lavori in Italia e si impicca per la disperazione.
Poco dopo, a febbraio dello stesso anno, un
operaio di Trapani si toglie la vita lasciando un biglietto d’addio nella
pagina contenente l’articolo 1 della Costituzione che recita come l’Italia sia
“una repubblica fondata sul lavoro”.
Qualche mese dopo, ad aprile per l’esattezza,
ci spostiamo nel Torinese dove un muratore di 38 anni che stava per diventare
padre e che aveva da poco perduto il proprio lavoro, decide di togliersi la
vita e s’impicca.
E i nostri politici come rispondono a
quest’emergenza umanitaria? Parlano di misure atte a incrementare il lavoro,
parlano di stimoli alle imprese che assumono, insomma – a parole – sembrano
veramente “interessati” a risolvere il problema.
Ma nella nuda realtà, perdono il loro tempo a
parlare del problema del cognome da assegnare al nascituro, cioè se debba
essere quello della madre o quello del padre (ammesso di trovarlo); insomma a
parlare del “niente”, magari di quel niente che occupa le prime pagine dei
giornali e che fa fare bella figura a quelli che ne parlano, ma non spostano di
un grammo la situazione occupazionale, l’unica che sta veramente a cuore agli
italiani.
E allora come possiamo fare a ricordare
questa priorità anche a coloro che hanno le mani in pasta nella politica? Speravamo che “gente nuova” come i cinque
stelle potessero cambiare la politica nostrale, ma visti i magri risultati,
bisogna convenire che dalla politica non ci si può attendere proprio niente:
sono solo degli approfittatori e basta; e allora? Allora c’è poco da sperare,
resta solo da arrabbiarsi, ma sul serio!!