sabato, dicembre 14, 2013
SIAMO TUTTI "SCIAPI"?!
Il CENSIS – Centro Studi Investimenti
Sociali, ha definito gli italiano “sciapi, infelici, con propensione
all’accidia e alla furbizia, la tentazione all’evasione fiscale e una
immoralità diffusa che va di pari passo con il disinteresse verso la politica”.
Di questa sacrosanta definizione, quello che
mi ha colpito in modo particolare è il termine “sciapo” che l’illustre
sociologo chiamato a dirigere il CENSIS, Giuseppe De Rita, ha scelto per
“disegnare a parole” l’italiano.
Il termine sciapo discende dalla parola
sapido, sciocco, e si riferisce – letteralmente – alla mancanza di sale nei
cibi; nella realtà, la parola ha assunto, specie dalle mie parti, un
significato offensivo, anzi, il più offensivo, deprimente, penoso modo di
venire etichettati.
La parola sciapo, almeno dalle mie parti,
assume un significato fortemente offensivo per chi la riceve; si tratta di dire
ad un altro signore o signora, che non ha “nerbo, manca di volontà, accetta le
cose come stanno”.
Se permettete, essere etichettati come
“sciapi” è talmente offensivo che – almeno io – preferisco di gran lunga essere giudicato malvagio, riottoso,
impulsivo, criminale, empio, reprobi.
In questi modi di definire la “cattiveria”
c’è una grandezza luciferina, che manca del tutto a chi, miserabile lui, non
mostra di avere “sapore”; si potrebbe paragonare ad una minestrina preparata
per uno che è a dieta, oppure ad una sogliola cotta a vapore; entrambi i modi
culinari non destano interesse, amore e neppure ribrezzo o odio, ma solo
indifferenza.
Ma il CENSIS ha indicato gli italiani come
“sciapi” non perché è andato a conoscerli personalmente uno ad uno, ma
estrapolando la definizione dai dati numerici che risultano al Centro; e il
primo dato è questo: le spese delle famiglie italiane sono tornate indietro di
oltre dieci anni con una quota del 50% dei nuclei che teme di non riuscire a mantenere il tenore di
vita attuale e il 52% che confessa di avere difficoltà a preservare i propri
risparmi; in aggiunta a questo panorama desolante, abbiamo un 24% delle
famiglie che si trova in difficoltà a pagare tasse e tributi e il 23% che non
sa neanche come fare a pagare le bollette.
E passando all’occupazione, mi basta
riportare queste cifre: sono 6/milioni quelli che devono fare i conti con
situazioni di precarietà e 4,3/milioni coloro che l’occupazione non riescono a
trovarla.
Questo panorama risulta essere così fosco da
indurre gli italiani ad affrontare una nuova emigrazione (in controtendenza a
quella che arriva dall’Africa); ho solo questo dato, ma mi sembra
significativo: il fenomeno è cresciuto del 28,8% in un anno e vale specialmente
per i giovani, infatti tra coloro che sono andati all’estero a cercar fortuna,
il 54% è sotto i 35 anni.
Cosa cercano questi giovani? Anzitutto vogliono
essere più rispettati e vedere più rispettati i propri diritti, vogliono
dimenticare le discriminazioni di qualunque genere e desiderano usufruire di
servizi pubblici più efficienti.
Da cosa fuggono? Oltre che dalla
disoccupazione, scappano dall’ampliamento sempre maggiore delle disuguaglianze
sociali, diventate ormai insostenibili.
Insomma, negli ultimi 20 anni siamo passati
dall’”Italia da bere” all’”Italia che dorme”e dal “made in Italy “ al “magone
in Italy”, dallo sciupio allo sciapo.
Se De Rita voleva spaventarci, c’è pienamente
riuscito!!