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mercoledì, dicembre 18, 2013

LA CRISI COLPISCE ANCHE IL GIOCO 



Molta gente si era rivolta ai “giochi moderni” per vedere di raddrizzare il magro bilancio familiare e così siamo passati dal vecchio gioco del lotto – con i numeri sognati la notte o mandati dalla nonna morta tanti anni fa – ai più moderni giochi ad esso legati (superenalotto ed altri), per arrivare ai modernissimi giochi che prevedono l’uso di una moneta che viene sfregata fortemente su una cartella per cancellarne la pellicola superficiale.
C’è poi l’altro sistema, quello delle “slot machines” con il giocatore che tira incessantemente una leva sperando che escano cinque prugne in fila e continua imperterrito anche quando è chiaro che le prugne ormai non escono più
Questo era il panorama della gente più o meno “disperata” che mi ero prefigurato: l’ultima speranza è affidarsi alla dea bendata e spendere gli ultimo soldi in giocate, con la speranza di vincere e risolvere i problema della propria esistenza.
Lo Stato, anomalo tenutario della bisca a cielo aperto, cerca di aumentare le tentazioni rivolte ai giocatori e inventa due nuove versioni del “gratta e vinci” che viene sbandierato come un grande successo e che è, comunque, il gioco che nel 2013 ha distribuito più soldi: 6/miliardi e spiccioli.
Ricordiamo per la verità, che il gioco non è poi quella miniera infinita che l’erario si aspetta; va bene che nel gioco subentra anche una causa diversa dal “bisogno” – il vizio e la tentazione – ma quando si deve fare i conti con i soldi che ci sono in saccoccia, il vizio conta fino ad un cento punto ed infatti le stime per il 2013 ci dicono che gli italiani avranno speso 700/milioni di euro in meno rispetto all’anno scorso (-4%) e quindi l’ammontare dei proventi del gioco d’azzardo si “fermerà” a 16,7/miliardi.
Però aspettate a tirare fuori i fazzoletti per asciugarvi le lacrime, perché lo Stato ha tante risorse da mettere in campo; in particolare mi riferisco a tutti gli inciuci che vengono fatti sulla benzina e il gasolio, alcuni dei quali hanno una illogicità da fare paura. Ve ne riporterò alcune.
Sto parlando delle “accise”, la cui definizione è “imposta indiretta sulla fabbricazione o sulla vendita, della quale il produttore e il venditore si rivalgono nei confronti dell’acquirente, elevando il prezzo del prodotto”; ed infatti è proprio come avviene con i carburanti: lo Stato mette l’accisa di 1,50 euro al litro; il produttore aumenta il prezzo per il distributore, il quale a sua volte aumenta il prezzo alla pompa nei confronti dell’utenza e quindi, alla fin fine il povero cristo che va a fare benzina pagherà 1.50 euro in più o forse addirittura di più.
Anzitutto, precisiamo che queste accise vengono messe “provvisoriamente”, cioè fino a quando non è finita l’emergenza che ha determinato tale imposizione; il problema è che la prima fu introdotta da Mussolini nel lontano 1935:  un aumento di 1,90 lire al litro sulla benzina per finanziare la guerra di conquista dell’Abissinia. Mi pare che detta guerra sia finita da 70 anni, ma l’accisa è ancora pendente sul capo degli automobilisti.
E che dire delle 14 lire messe sulla crisi di Suez del 1956. Ci sono poi alcuni aumenti dettati da una serie di disastri, come quella del Vajont del 1963 (10 lire), oppure quella sull’alluvione di Firenze del 1966 (10 lire) o quella per il rinnovo del contratto degli autoferrotranviari  del 2004 (0,020 euro, ossia 39 lire), ed anche gli 0,112 euro sul diesel e 0,082 euro sulla benzina per “il consolidamento dei conti pubblici”.
Tutte queste e altre che si sono susseguite, avrebbero dovuto essere “tasse temporanee” e invece sono diventate “definitive”; vi sembra serio??!!

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