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martedì, novembre 12, 2013

TENGO FAMIGLIA 



Era il motto creato da quel geniale intellettuale di Leo Longanesi, il quale con questo alludeva al fatto che – stringi stringi – in Italia, la famiglia è importantissimo, ma perché  rappresentata dalla “casta” da cui si riceve favori e che diventa così più importante della famiglia vera e propria che può annoverare soltanto il “diritto di sangue”.
Tutto questo nasce all’indomani dello scandalo Cancellieri, quando cioè il nostro Ministro della Giustizia è stato “intercettato” – indirettamente, dato che l’intercettazione era destinata al suo interlocutore – mentre tranquillizza la figlia di Ligresti sul fatto di poterla fare accedere al regime degli “arresti domiciliari”, stante il suo scarso appetito mostrato alla mensa del carcere.
Il Ministro ha interessato della cosa un alto funzionario dell’amministrazione penitenziaria che, in quattro e quattr’otto ha sistemato l’appetito della signorina Ligresti, con buona pace di tutti; motivazione della Cancellieri sul suo gesto: soltanto “umanitario”, nei confronti di una persona “amica di famiglia”.
E si ritorna al concetto già espresso: i piaceri agli amici di famiglia; si narra infatti che la stessa Camcellieri – ai tempi in cui era soltanto Prefetto – quando dovevano trasferirla in altra sede, chiamò subito Ligresti che, di conseguenza interviene sull’allora premier Berlusconi, il quale chiamò il fido Angelino Alfano, il quale è anche affittuario di uno splendido appartamento romano messogli a disposizione proprio dai Ligresti.
E torniamo così al motto di Longanesi – “tempo famiglia” - che secondo l’illustre scrittore era da considerarsi motto italico per eccellenza e dunque da stampare addirittura sul tricolore.
Tutti i manager e in particolare i supermanager “tengono famiglia” come vi voglio succintamente rappresentare: Giannini per l’Antitrust si fa raccomandare dai Ligresti; ma ha amicizie di famiglia anche la stessa Cancellieri il cui figlio ha lavorato per i Ligresti per 11 mesi incassando la bella somma di 5/milioni di euro, così come furono messi a libro paga anche due ex prefetto di Milano, Enzo Vicari e Bruno Ferrante.
Quindi possiamo dire che “l’amicizia è una cosa splendida, ma se “rende” è ancora meglio”! Non siete d’accordo??
Ed ora vi voglio raccontare un piccolo fatto emblematico: nel 1987 “Il Giornale” di Montanelli pubblica un pezzo sgradito ai Ligresti – già allora sotto inchiesta – i quali convocano il cronista che ha scritto il pezzo, per un chiarimento; il chiarimento avviene sotto lo sguardo vigile della Cancellieri – allora capo ufficio stampa della prefettura di Milano – che afferma: “ero lì per caso, in quanto amica di famiglia”.
E rieccola questa “famiglia”, ma non credo proprio che il povero cronista l’abbia presa così quella silenziosa presenza che gli sarà apparsa come una sorta di “messaggio”, un qualcosa sul tipo “sappi che il  ministero dell’interno è dalla parte dei Ligresti, quindi regolati di conseguenza.
In effetti, molte carriere al ministero dell’interno si spiegano con alte sponde esterne, così come i buoni rapporti con gli americani spiegano la carriera di molti alti ufficiali nostrali e di influenti capi dei servizi segreti; e nel campo civilistico, le affinità politiche trasformano mediocri medici in riveriti primari e le cordate portano diritto ad una cattedra prestigiosa all’Università.
Funziona così l’Italia del “familismo amorale”, dove non occorre essere mafiosi per apprezzare l’utilità di un “padrino” e dove il caso Cancellieri-Ligresti è solo uno dei tanti esempi per capire come gira la ruota in questo nostro disgraziato Paese.

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