martedì, novembre 26, 2013
OBAMA E LA RIFORMA SANITARIA
Dice un vecchio marpione della politica che
ci sono due tipi di promesse agli elettori: quelle che sono da mantenere, e
quelle che nò.
Per esempio, quando Obama prometteva la
chiusura di Guantanamo, pochissimi gli credettero e quindi non ci fu delusione quando non avvenne la
chiusura; analogamente, quando promise di aumentare l’occupazione utilizzando i
suoi “stimoli”, pochi ci contarono e si affidarono invece alla politica monetaria
della Federal Riserve Bank.
Ma quando il Presidente prometteva che la
sua riforma sanitaria avrebbe “coperto”
i 40/milioni di cittadini americani privi di assistenza e che ognuno avrebbe
potuto conservare la propria polizza di assistenza privata e non era obbligato
a passare a quella governativa, molti lo presero in parola, ci credettero e –
di conseguenza – lo votarono.
Ora sono addirittura furibondo: nei sondaggi
dei maggiori giornali, molti gli danno del disonesto e attaccano i senatori
democratici con il rischio che il prossimo anno – alle elezioni di “medio
termine” – anche il Senato passi ai repubblicani, così Obama avrà le mani
legate e dunque sarà impossibilitato a commettere altri guai.
Ma dietro a questo scenario politico, ce n’è
uno “storico” e su queste vanno misurate le promesse politiche ineludibili,
pena la condanna dei posteri.
L’attuale presidente aveva l’ambizione di
essere ricordato come colui che aveva finalmente esteso s tutti l’assistenza
sanitaria; ma non ha copiato il modello europeo, in quanto considerato troppo costoso,
ed ha invece ripiegato su un modello spurio, altrettanto costoso e già
impugnato per incostituzionalità perché toglie la libertà di scelta: ogni
cittadino deve comprare a proprie spese una polizza assicurativa presso una
compagnia privata, mentre per i poveri si provvede con i sussidi pubblici.
Il fallimento di questa formula,non sta solo
nel website paralizzato, ma soprattutto nel basso numero degli iscritti e
soprattutto nel fatto che , lungi dal diminuire, i ”non assistiti” sono
aumentati di altri 5/milioni di unità.
E, questo il vero e autentico problema,
aumenteranno ancora, dato che le compagnie di assicurazione hanno denunciato i
contratti perché in contrasto con la nuova legge e hanno gonfiato le tariffe.
Ora gli esperti della Casa Bianca tentano di
rappezzare la riforma sanitaria, compito assai difficile forse più della
prossima, nuova battaglia sul debito pubblico.
E se non ce la facessero , la riforma
sanitaria di Obama diventerebbe il Vietnam domestico di questo presidente, alla
stessa stregua di come l’Iraq lo fu per Bush e il Vietnam, quello vero e
autentico, per Kennedy e Johnson.
Ma tornando al debito pubblico, dobbiamo
ricordare al nostro simpatico mister Obama che il suo ammontare è diventato una
palla al piede per il paese e preoccupa il capo della Fed, costretto al ruolo
di “fabbricante di dollari” e basta.
In aggiunta a tutto ciò, c’è da precisare che
il maggior possessore del debito pubblico americano è lo stato cinese che non
bada a spese per aumentare questo fondo che viene considerato una massa
valutaria di manovra per risolvere anche delle grosse problematiche politiche.
In concreto, i cinesi possono ricattare
quando vogliono gli Stati Uniti con il semplice assunto che, se gli gira, uno
di questi giorni potrebbero portare all’incasso una massa di cartaccia e
pretendere in cambio una parte dell’oro di Fort Knox.