sabato, novembre 30, 2013
I CONSIGLI DELL'EUROPA
Il Commissario UE agli affari economici, il finlandese Olli Rehn, ce lo
ha spiegato in tutte le salse ancora prima del “cartellino giallo” sulla legge
di stabilità: se vogliamo tornare a crescere con aumenti del Pil che non siano
da prefisso telefonico, dobbiamo tagliare la spesa pubblica e ridurre le tasse
sul lavoro.
Il suddetto ministro europeo da ex calciatore è un grande tifoso del
nostro Cottarelli, il neo commissario alla “spending review”, che nei giorni
scorsi ha dato un colpo di acceleratore al proprio lavoro e promesso che i
risultati (dal taglio dei costi della politica a quelli della sanità) si
vedranno già prima del prossimo mese di febbraio 2014.
L’obiettivo, secondo il Ministro dell’Economia, Saccomanni, è quello di
risparmiare almeno 32/miliardi di euro in tre anni; ovviamente, speriamo
caldamente che le cifre promesse siano mantenute dato che si parla da anni di
tagli agli sprechi ma non siamo andati oltre le “intenzioni” e la spesa
pubblica è continuata irresponsabilmente a crescere (tra il 2001 e il 2012 è
aumentata del 50,1%), le Province sono ancora vive e vegete (e soprattutto
spendaccione) e i famosi costi standard dei costi della sanità restano un
miraggio.
Mentre quello che ho sopra narrato è l’andamento della spesa, il potere
d’acquisto delle famiglie ha subito il calo peggiore dal 1990 e al tempo stesso
la propensione al risparmio è al minimo da 22 anni e la disoccupazione continua
ad aumentare, con un tasso del 40% per quella “giovanile”.
E in questo guazzabuglio di risultati mancati, lo Stato non ha trovato
altro “rimedio” che aumentare la pressione fiscale che quest’anno toccherà il
record del 42% (quasi 13 punti in più dal 1980) e colpisce salomonicamente sia
i lavoratori che i pensionati.
Anzi, paradossalmente, sulle pensioni .- come rileva la Confesercenti – il
peso del Fisco è addirittura più alto (a causa delle minori detrazioni)
rispetto a quello sulle buste paga e il confronto con gli altri Paesi europei è
addirittura impietoso; facciamo un esempio: per un assegno pari a tre volte il
minimo, il pensionato italiano versa quasi 4/mila euro di imposte l’anno,
mentre un tedesco ne paga solo 39 (trentanove!!)
Ma non si scherza neppure con i lavoratori: il tanto celebrato “cuneo
fiscale” che secondo l’Ocse ha raggiunto
il 47,6%, è veramente un controsenso rispetto all’aiuto promesso ai lavoratori.
Forse sarà per questo motivo che abbiamo i salari netti più bassi
d’Europa (dopo quelli di greci, portoghesi e spagnoli) e un pensionato su due
riceve meno di mille euro al mese; tutto questo ovviamente escludendo
quelli che riguardano i dirigenti pubblici che sono invece al top in
Europa; come dicevo sopra, con questi stipendi e con quelle pensioni è
difficile pensare che possano ripartire crescita e consumi; perché le aziende
assumono se vendono quello che producono, altrimenti sarebbe folle aumentare la
forza lavoro e la gente compra se ha soldi in tasca.
Quindi dobbiamo dire in forma chiara e sintetica che i risparmi
ricavati dalla “spending review” (ma anche i proventi di una vera e autentica
lotta all’evasione fiscale) debbono servire per tagliare le tasse e aumentare
il potere d’acquisto delle famiglie.
Se poi andiamo a pensare che – secondo i dati di svariate associazioni
– la manovra o legge di stabilità che dir si voglia, porterà in tasca ai
lavoratori ed ai pensionati poco più di dieci euro al mese in più rispetto a
quanto percepiscono attualmente, converrete con me che tutto questo ha l’amaro
sapore dell’elemosina e questo non è giusto
per chi lo riceve; insomma è una porcata e basta!!