giovedì, ottobre 31, 2013
IL NOBEL DELL'ECONOMIA A TRE AMERICANI
In apparenza sembrerebbe una incongruenza che
proprio nella terra dove è scoppiata la crisi del mercati, a partire dalla
caduta di quello immobiliare, vengono
premiati con il Nobel per l’economia tre professori universitari statunitensi.;
vediamo chi sono e quali i loro “meriti”.
Robert Shiller, docente all’Università di
Yale, aveva anticipato nel settembre del 2007 l’imminente caduta del mercato
immobiliare americano e il panico finanziario che ne sarebbe derivato; per la
verità Shiller aveva previsto questa situazione che poi è diventata drammatica,
fino dal 2000 e non aveva ricevuto alcun riscontro; adesso avverte che la
rivalutazione dei prezzi delle case non è una “legge della natura”, ma potrebbe
essere un’”illusione generalizzata”.
Il secondo premiato è Lars Peter Hansen,
professore dell’Università di Chicago, il quale ha indagato le dinamiche di
rischio-rendimento e il comportamento economico quando i decisori sono incerti;
l’economista, in scritti e in conferenze ha sempre avuto presente che negli
investimenti di carattere finanziario esiste sempre e comunque un alto rischio,
al quale molti investitori non sanno rispondere in modo appropriato.
Il terzo premiato è Eugene Fama,
settantaquattrenne professore dell’Università di Chicago, che è diventato
un’autorità dopo gli studi sulle ipotesi di mercato efficiente; in essi Fama
ammette che i prezzi delle azioni sono estremamente difficili da anticipare nel
breve periodo, nonostante adesso le informazioni vengano elaborate in tempi
rapidissimi.
Tutti e tre i premiati – due appartengono
alla stessa Università – aspirano alla codificazione scientifica degli
andamenti dei mercati (innanzitutto di quello finanziario), andamenti che una
nutrita schiera di accademici continua a considerare “random”, cioè casuali,
imprevedibili.
Karl Marx predisse che la profezia della
disgregazione dello Stato stava per avverarsi, non tanto per merito della
vittoria del proletariato, ma a causa dell’egemonia del fattore economico che
ormai determina tutte le decisioni politiche.
Questa dominazione sarebbe preoccupante
perché il potere che la “scienza economica” si arroga, si fonda su basi
contestabili.
Dobbiamo ricordare che la “scienza economica”
è nata tra il 18° e il 19° secolo e pertanto, si evince che il mondo ha potuto
vivere per lungo tempo senza “esperti economici; i primi tra questi esperti,
utilizzarono concetti della meccanica newtoniana, come la massa monetaria,
l’equilibrio dei conti, i flussi commerciali e finanziari, la bilancia dei
pagamenti e il circuito degli scambi.
La scienza economica ha avuto sin dall’inizio una “debolezza”:
formulare ipotesi su una doppia realtà, cioè che gli esseri umani vivessero in
un universo di scarsità, mentre hanno dei bisogni e dei desideri illimitati.
Quindi, l’unico modo per evitare la violenza sociale è quello di
crescere all’infinito, naturalmente in un mondo “finito”.
La scienza economica quindi non ha niente di veramente scientifico in
quanto si fonda su dei presupposti che sono falsi e allora ne risulta che non
dobbiamo sottometterci a questa
pseudoscienza che ignora totalmente il modo in cui si comportano realmente gli
esseri umani e cercare di conoscere le minacce che dovremo affrontare sotto il
profilo ecologico; chiaro che Marx può anche essere considerato superato, ma
alcune sue considerazioni mi sembrano attualissime e i tre “premiati” non le
utilizzano affatto.