<$BlogRSDUrl$>

giovedì, agosto 22, 2013

LO SPREAD CALA MA IL LAVORO VA ALL'ESTERO 



Sembra una barzelletta raccontata per alleviare la canicola estiva, ma è una triste verità: siamo a Formigine, in Provincia di Modena e precisamente in un’azienda che produce resistenze elettriche; all’inizio di agosto i dirigenti hanno salutato le maestranze dando loro appuntamento per fine mese, ma contemporaneamente pensavano ad una ingloriosa “fuga all’inglese”.
Hanno approfittato del ponte di ferragosto ed hanno caricato su alcuni automezzi tutti i macchinari dell’industria, tutto quello che poteva servire per aprirne una nuova e si sono diretto verso la Polonia, inaugurando un nuovo, vergognoso caso di delocalizzazione; i dipendenti – che forse subodoravano qualcosa già da prima – quando hanno saputo dell’esodo dei “loro” macchinari, si sono diretti in massa verso l’azienda per presidiarla; con questa mossa non sono riusciti a bloccare il grosso del trasferimento, ma soltanto “l’ultimo” dei camion diretto verso l’Est Europa, laddove il costo del lavoro è molto più basso che da noi e le condizioni operative sono assai più lassive che da noi.
Non ho detto una cosa importante: l’azienda è gestita da una famiglia italiana e conta una quarantina di dipendenti, tutti in ferie in questi giorni per la consueta pausa agostana.
Un membro della famiglia titolare della proprietà, raggiunto telefonicamente ha detto che In Italia sono più le aziende che si trasferiscono per sopravvivere che quelle che rimangono, e ha dato la colpa ai sindacati, alla burocrazia, alle tasse e ad un credito bancario vergognoso.
C’è anche chi non sceglie di andare all’estero, ma cerca di ricreare l’estero in Italia: un’azienda di Treviso cresce di fatturato e assume personale, ma questo – così come quello già in fabbrica – è composto solo da “stranieri”; con tali assunzioni, la percentuale di stranieri nell’azienda assomma al 90%.
Il titolare dell’azienda, dopo aver precisato che nella sua fabbrica si lavora su tre turni, sette giorni su sette,  motiva così la scelta di stranieri al posto degli italiani: gli italiani non hanno fame; prova a dire a questi qua che una volta al mese devono lavorare il sabato e la domenica.
Come era facile prevedere, le parole dell’industriale hanno fatto scalpore nella zona, a partire dalle sigle sindacali: il segretario della UIL, senza tante perifrasi, si schiera con l’imprenditore trevigiano affermando che quanto sostiene è perfettamente vero e che dobbiamo far capire ai nostri lavoratori “italiani” che sono cambiate le condizioni di lavoro e che non si può continuare a dire di no al ciclo continuo, anche se va a modificare gli affetti familiari e la quotidianità.
La sindacalista della CGIL è ovviamente di parere opposto è definisce il tutto una autentica assurdità: “sono migliaia gli italiani che lavorano sul ciclo continuo; certo che i giovani vorrebbero un lavoro più in linea con le loro aspettative”.
E il nostro imprenditore come replica? Chiaramente non  cambia linea e afferma: “rimane il fatto che senza stranieri la mia azienda non sarebbe cresciuta; e questo lo dico da imprenditore”.
Ma quanto guadagna un operaio da lui? Dice il nostro imprenditore: “da me un capo turno prende 1600-1700 euro al mese senza straordinari; ho fatto per 19 anni il dipendente e so bene cosa significa la busta paga”.
Il centralino è intasato da operai che vorrebbero lavorare da lui; che segnale è??

This page is powered by Blogger. Isn't yours?