lunedì, luglio 15, 2013
TRA DUE FUOCHI
Da una parte S&P abbassa il rating
dell’Italia e contemporaneamente ci detta l’altolà al taglio di IMU e IVA;
dall’altro l’Unione Europea si allinea al giudizio dell’agenzia di rating
americana e lancia lo stesso avvertimento.
La questione è allo stesso tempo chiara e
complessa: quando è stato fatto il governo Letta, il Pdl, per bocca di
Berlusconi, aveva deciso che tra gli impegni dell’esecutivo c’erano due
questioni che “non erano negoziabili”: per l’appunto l’abolizione dell’IMU
(anzi, in un primo tempo si è parlato addirittura di restituzione di quanto
pagato in precedenza) e il blocco del previsto aumento dell’aliquota IVA.
Tutto il resto si discute, ma questi due
punti non sono soggetti a nessuna discussione; il buon Letta, nella speranza di
riuscire a convincere Berlusconi a rimandare queste due operazioni, ha
accettato il diktat ed ha tirato avanti; adesso siamo arrivati alla scadenza e
dobbiamo decidere.
Ma ci sono almeno un paio di problemi da risolvere: il primo è che i non
molti soldi necessari per abolire l’IMU (4/miliardi) non ci sono, non si
trovano, è stato guardato in tutti i cassetti ma non si sono trovati e allora
ecco che il Pdl comincia ad arrabbiarsi: questi 4 miliardi sono pari allo 0,5
per cento della spesa pubblica e sembra impossibile che non si riescano a
trovarli, con il sistema di una limatine qua e una là.
L’Unione Europea, dal canto suo, per bocca
del commissario Olli Rehn, ha raccomandato all’Italia di “spostare le tasse dal
lavoro ai consumi e alle proprietà”, il che significa: lasciate l’IMU (tassa
sulle proprietà) e l’aumento dell’IVA (tassa sui consumi) e abbassate il costo
del lavoro, al fine di puntare sulla competitività delle imprese al fine di
raggiungere la tanto sospirata “crescita”.
E qui mi corre l’obbligo di ripetere un
concetto che ho già espresso tempo addietro: per crescita, s’intende l’aumento
dei consumi, cioè l’aumento delle cose, dei manufatti che la gente – medio
piccola – può permettersi di acquistare, al contrario di quello che sta
accadendo adesso che il mercato di quasi tutti i comparti nazionali è
praticamente bloccato.
E quindi, al di là delle affermazioni di
maniera, la diminuzione delle tasse sul lavoro,
potrebbe invogliare l’imprenditore ad assumere qualche persona in più, ma
bisognerebbe che il mercato dei consumi potesse ripartire e questo avviene
soltanto se si rimette in tasca alla gente un po’ dei soldi che gli sono stati
tolti.
E si fa ripartire il circuito virtuoso:
l’imprenditore assume di più per incrementare la propria produzione, ma farà
questo solo se il suo mercato interno gli risponderà in modo positivo
acquistando più prodotti; mi sembra molto chiaro e invece nessuno ne parla!!
Comunque sia, il nostro governo che si regge
su due grucce non proprio stabili nessuna delle due, non può certo permettersi
di perderne una, dato che sarebbe il sistema per andare alle elezioni
anticipate (a ottobre??) e nessuno dei tre partiti contendenti è sicuro di
vincerle; e allora cosa si fa?
A mio giudizio si da campo libero alla “politica”,
cioè a quegli atteggiamenti che gli uomini politici adottano raramente, ma che
sono – o dovrebbero essere – il fulcro della loro attività: scegliere quello
che a loro giudizio è “il meglio” per la gente, indipendentemente dai rating,
dall’U.E. e compagnia bella.
Il mestiere del politico è quello di
scegliere, magari sbagliando, ma scegliere in buona fede quello che è meglio:
guardiamo se si ritorna a questa fase di scelte “pure”.