mercoledì, luglio 03, 2013
IL PIL E LA FELICITA'
In questi tempi che la vita si fa sempre più
magra – per tutti i popoli del Mondo o quasi – si sprecano le iniziative che ci
vogliono convincere che il fatto che il Pil scenda o salga non incide sulla
nostra felicità che, anzi, dipende da altri fattori.
Nella mia città si è tenuto un convegno
sull’argomento, organizzato dalla Scuola di specializzazione in psicologia
della salute della Sapienza di Roma; ospite d’onore il professor Carol Ryff
dell’Università del Wisconsin.
Il tema di fondo è stato questo: “il Pil
scende? Consoliamoci: la nostra felicità non dipende solo da questo”.
A dimostrazione della mancata correlazione
tra Pil e felicità sono stati citati alcuni studi americani: se dal 1946 al
1956 negli USA i due fattori sono cresciuti di pari passo, dal 1956 al 1994,
all’ulteriore aumento della ricchezza non è corrisposta una maggiore percezione
del “benessere”.
Insomma, mentre noi poco acculturati citiamo
la famosa frase “la ricchezza non fa la felicità, ma i poveri sono sempre
incazzati”, i soloni della psicologia dicono che essere poveri è causa di
infelicità, ma essere ricchi non basta a essere felici.
I fattori necessari a “stare bene”
individuati dal “BES – rapporto sul benessere equo e sostenibile – sono molti
ma, senza bisogno che vengano dall’estero a spiegarcelo, sono sempre gli
stessi: ve ne cito i primi cinque: salute, istruzione e formazione, lavoro e
conciliazione dei tempi di vita, benessere economico e, al quinto posto,
abbiamo le relazioni sociali.
Dato che si parlava di Pil, materia
prettamente economica, al convegno oltre agli psicologi hanno partecipato anche
economisti e scienziati, tutti tesi a capire cosa davvero determina la felicità
di un popolo, dato che – è stato affermato da “tutti” – all’aumento del Pil con
corrisponde sempre una maggiore felicità.
I governi di tutto il Mondo, prosaicamente,
continuano a programmare il futuro della loro gente tenendo come riferimento
pressoché unico il Prodotto Interno Lordo.
E in una fase di regressione come quella che
stiamo vivendo, gli stessi Governi, per favorire il recupero del Pil tagliano i
servizi al cittadino, generando con questa mossa, un disagio che genera
“infelicità”, per cui possiamo dire che, sia pure indirettamente, il Pil
influisce sul benestare della gente.
Ma siccome dire “gente” non significa molto,
viste le tantissime tipologie, facciamo alcuni esempi di come funzione la cosa;
anzitutto diciamo che esiste un altro indicatore - il FIL, felicità interna lorda – che è una
sorta di tentativo teso a definire con un leggero ammiccamento ironico, uno
standard ideale di vita che ha i suoi alti e bassi, come il Pil.
Un esempio dell’utilità a conoscere il
proprio FIL è dato dal Bhutan, piccolo stato montuoso dell’Asia il quale già da
alcuni anni adotta come indicatore per calcolare il benessere della popolazione
alcuni criteri base: qualità dell’aria, salute dei cittadini, istruzione e
ricchezza dei rapporti sociali; ebbene, questo piccolo Paese, uno dei più
poveri dell’Asia, secondo un recente sondaggio è risultata la nazione più
felici del continente asiatico.
Attenzione però alle incongruenze: il già
citato Bhutan ha espulso circa 100.000 cittadini di origine nepalese,
sostenendo che non sono dei “veri” bhutanesi; questa operazione, incivile agli
occhi di noi “civili”, avrebbe avuto un
effetto negativo sul Pil ma uno positivo sul FIL dell’intera popolazione
bhutanese. Che dire?? Facciamo una gita nel Buthan per vederci più chiaro??