domenica, maggio 12, 2013
LA MORTE SULLA "RETE"
La “Rete” ha grandi meriti, se non altro
quello di avere modificato grandemente la comunicazione tra la gente; sotto il
profilo della negatività, dobbiamo però segnalare che la “Rete” non ha filtri,
non ha nessuno che la controlla e questo, se da una parte testimonia la
democraticità del mezzo, dall’altro combina dei pasticci specialmente quando ci
sono in ballo valori etici irrinunciabili.
E veniamo a parlare di quello a cui alludo,
cioè dell’evento “morte”; una volta, di fronte alla morte c’era solo rispetto e
mestizia; magari erano sentimenti entrambi ipocriti nella sostanza, ma almeno
nella forma significavano rispetto per il “morto”.
Adesso invece, se muore qualcuno che è noto,
è conosciuto, e come tale ha i suoi lati A e B, il web assomiglia ad una enorme
cloaca mediatica e si spalanca vomitando di tutto e di più: è quanto è successo
con la morte di Giulio Andreotti, con la “Rete” che si è superata nel buttare
fuori le battute più oscene contro una persona appena scomparsa che, sia pure
controversa e dalle tante sfaccettature dell’uomo politico, riguardava comunque
solo e sempre un uomo che è passato a miglior vita.
Dobbiamo comunque premettere che quello che
noi chiamiamo “il popolo del web” è nient’altro che un’esigua minoranza che – a
detta di Rodotà – se lo avesse votato non sarebbe riuscito neppure a diventare
sindaco di un paesetto di medie dimensioni.
Ma quello che inquieta è vedere come da
questo strumento “del futuro” sia stato bandito il senso della pietà che è cosa
ben diversa dall’avere un’opinione su una persona e continuare ad averla anche da
morta; la Rete,
insomma, per certi versi si è trasformata in un enorme Bar Sport in cui ognuno
è libero di esercitare il proprio cinismo senza applicare nessuna regola,
neppure il “buon gusto”; insomma siamo saliti di un gradino verso la libertà –
vera o apparente che sia – e ne abbiamo sceso più di uno verso la barbarie.
Ma torniamo ai commenti sulla morte di
Andreotti e citiamone uno autorevole, quello della signora Margaret Thatcher
che ebbe a conoscerlo quando entrambi erano ai vertici del potere politico; di
Andreotti ha detto: “dire che era una persona flemmatica forse è troppo, ma
neppure era disposto ad infervorarsi per questioni di principio”.
Nelle sue memorie, la Lady di ferro ha scritto, a
proposito di Andreotti, che era “un uomo senza principi e che si faceva un
vanto di esserlo; forse il premier giusto per gli italiani”. E così prende due
piccioni con una fava: il premier e la massa che lo ha portato al vertice.
Certo, Andreotti era un alchimista della
politica che si sforzava di mutare in oro alcune combinazioni di metalli poco
nobili e direi che la materia prima che ha usato è comunque rimasta “poco
nobile”.
Lenin diceva che la rivoluzione si fa con il
materiale che si trova in cantiere; naturalmente tutto questo vale anche per la
politica democratica.
Ma torniamo al “popolo del web” ed
all’accostamento che ho fatto con quello del Bar Sport:entrambi hanno una
caratteristica e precisamente quella di non avere la necessità di metterci la
faccia e quindi di non dover rispondere a nessuno di quello che hanno detto.
Perché quando si “deve” mettere la faccia, le
cose si complicano; per esempio, lo stesso Vaticano, tanto amico di Andreotti
quando era in vita, si è ben guardato dal partecipare al funerale dello
statista; il solo cardinale Bertone ha visitato la salma nella camera ardente,
ma non è andato poi alla funzione religiosa; chiaro il concetto??