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venerdì, maggio 24, 2013

LA MORTE DI UN DITTATORE 



A 87 anni di età, il dittatore argentino Jorge Rafael Videla, è andato a presentarsi al Giudice Supremo che – ne sono certo – lo condannerà molto più pesantemente di quanto hanno fatto gli uomini.
Il Tenente generale Videla, conosciuto come “l’Hitler della pampa” aveva conquistato il potere nel 1976 cinque giorni dopo il colpo di Stato che aveva detronizzato la presidente Isabel Martinez de Peron, chiamata da tutti “Isabelita” che qualche anno prima si era impadronita del potere, auto-nominandosi comandante in capo dell’esercito.
Videla .si proclama Presidente della Giunta Militare e da il via al “processo di riorganizzazione nazionale” che significa la sospensione delle libertà civili e sindacali con l’arresto e la tortura, a cui in molti casi seguiva la morte o la scomparsa, di coloro che appartenevano a organizzazioni studentesche, di lavoratori o agli stessi partiti che non fossero in linea con la dittatura.
Si parla di ottomila vittime e di 30.000 scomparsi – i famosi desaparecidos – ma la cosa che mi ha sempre colpito in modo particolare fu l’atteggiamento tenuto nei confronti dei figli dei desaparecidos: ne veniva uccise le madri e loro erano dati in adozione a persone vicine all’esercito o comunque conniventi con i militari.
Molti intellettuali argentini si schierarono apertamente contro la dittatura di Videla; il simbolo di questa lotta fu l’architetto e scultore Adolfo Perez Esquivel, arrestato e torturato dal regime, e rimasto 28 mesi in prigione (Nobel per la pace nel 1980)
Nel 1978 l’Argentina organizzò i campionati mondiali di calcio, una vetrina popolare che nell’intenzione della dittatura, doveva nobilitarla agli occhi della gente, in particolare quella internazionale; la competizione venne vinta – anche attraverso risultato dubbi -  dalla stessa Argentina, quindi proprio quello che tutti si aspettavano, ma l’immagine di Videla che premia il capitano della nazionale argentina, Passerella, ha l’effetto contrario a quello desiderato: anziché entusiasmare la gente, le fa  rendere conto di quanto sia lontana dalla libertà.
Il potere di Videla ebbe termine nel 1981 a seguito di alcune lotte tra le forze armate; viene allontanato dal potere e viene sostituito dal generale Viola; la dittatura ha le ore contate: nel 1983 viene sostituita dalla democrazia e nel 1985 cominciano i processi e le condanne ai vari generali, fra cui ovviamente Videla, per la vicenda dei desaparecidos, quella dei voli della morte e delle adozioni criminali.
Nel 1990 il colpo di scena: il Presidente Carlos Menem grazia Videla, ma 17 anni dopo la Corte Suprema revoca il provvedimento  e per l’ex dittatore si riaprono le porte del carcere.
“La morte di Videla non deve dare gioia a nessuno, ha detto Esquivel, ma debbiamo prenderne esempio per un mondo migliore, perché questi fatti non avvengano mai più-
E la presidente Cristina de Kirchner, ha confermato una cosa che dovrebbe essere stata ovvia: “nessun onore militare per chi è stato ripudiato dal popolo argentino”.
Un altro argentino – assai diverso da quello sopra indicato – dal pulpito romano, incontrando la cancelliera Merkel, ha avuto modo di ribadire un concetto che aveva già espresso: “la nostra crisi di oggi – ha detto con una chiarezza disarmante – è che non interessa se la gente muore di fame, se non ha niente; ci si preoccupa soltanto delle banche e della finanza”. Credo che sia molto difficile fare orecchio da mercante a questo discorso di Papa Francesco.

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