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giovedì, maggio 16, 2013

ESPULSIONE DEI CLANDESTINI: UN FLOP 



Ricordate la vicenda di Ilaria, una diciannovenne di Donoratico uccisa barbaramente da un senegalese, denunciato dai suoi stessi connazionali?
La vicenda richiede almeno tre considerazioni: la prima si riferisce alla comunità senegalese del luogo che, in controtendenza con quanto avviene quasi normalmente, non ha coperto il proprio connazionale ma lo ha denunciato alle forze dell’ordine.
La seconda considerazione si riferisce proprio al senegalese presunto omicida, il quale è risultato spacciatore di droghe leggere, clandestino, vari precedenti per violenze e per danneggiamento; ebbene, questo signore era già stato oggetto di un provvedimento di espulsione che lui ovviamente non ha rispettato.
E qui si innesca la terza considerazione: per quale meccanismo  chi è soggetto a un mandato di espulsione, di solito è come se non lo ricevesse, insomma fa orecchie da mercante, o meglio: se ne frega altamente e continua la stessa vita di prima..
Abbiamo anche dei dati in merito: nel 2010 – i dati 2011 e 20112 sono simili - sono stati identificati e denunciati 150.000 irregolari; di questi solo 16.000 – poco più del 10% - sono stati accompagnati coattivamente alla frontiera.
A detta di tutti – poliziotti e magistrati – la Legge Bossi-Fini, quella che regolamenta il reato di clandestinità, è stata un totale fallimento, proprio perché le pastoie burocratiche insite nella stessa normativa, vanno a favore del clandestino e mettono i bastoni tra le ruote della struttura adibita all’espulsione.
Sentite come è strutturata la norma e la sua esecuzione: il reato di clandestinità, prevedendo l’arresto obbligatorio in “flagranza” e il relativo processo “per direttissima”, implica che gli stranieri vadano presi e accompagnati non in carcere, ma nelle strutture di polizia e tenuti in custodia fino al giorno dopo quando ci sarà il processo.
Tutto questo farraginoso marchingegno comporta che una parte delle pattuglie – normalmente adibite al controllo del territorio – dovranno abbandonarlo per dedicarsi alla sorveglianza dei fermati.
Da notare che se una pattuglia incoccia in un “irregolare”, deve sospendere ogni altra azione che stava facendo per seguire tutto il farraginoso iter di identificazione, al termine del quale dovrà condurre il clandestino in un Cie (Centro identificazione ed espulsione) strutture dove i problemi non mancano, con frequenti rivolte e danneggiamenti che ricadono sui Reparti Mobili della Polizia; tutto personale che di fatto viene ancora una volta sottratto al controllo del territorio.
Questo discorso sulla clandestinità, oltre ad interessare la vicenda della povera Ilaria, ricorre anche nell’episodio del ghanese Kabobo che alla periferia di Milano ha preso a picconate – senza alcun motivo – i passanti che incontrava e, prima di essere arrestato dalla Polizia, ha ucciso tre persone e ferite altrettante, di cui uno in gravi condizioni; ebbene, anche questo clandestino risulta titolare di un decreto di espulsione, ma il galantuomo aveva fatto a suo tempo, richiesta di “asilo politico”, richiesta respinta dal giudice ma alla quale l’uomo si era appellato e questo ricorso  ha bloccato l’obbligo di espulsione. Sembrerebbe che anche questo Kabobo fosse assistito da un bravo avvocato, visto il modo come riesce a schivare gli obblighi previsti dalla legge italiana.
Per concludere, il Ministero dell’Interno ha stimato in un milione il numero degli stranieri irregolari in Italia nel 2012 e in 700/milioni di euro la somma occorrente per gestire questui flussi migratori; da notare che è del 28% la media degli irregolare espulsi dall’Italia, con un costo di 10.000 euro cadauno.

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