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domenica, aprile 28, 2013

L'UOMO SI CREDE AL CENTRO DI "TUTTO" 



Gli uomini dotti lo chiamano “antropocentrismo”, cioè credersi il centro dell’Universo ovverosia quello che può fare e disfare sulla Terra; ma che cosa è questa Terra? Solo un minuscolo pianeta di un modesto sistema stellare che fa parte di una galassia tra milioni di altre galassie che compongono un Universo che potrebbe essere uno dei tanti, infiniti, universi. Eppure nessuno di noi pensa che potrebbe essere “uno dei tanti” che scorrazzano in questa galassia ma è assolutamente certo di essere unico e insostituibile. Ma non fa niente di strano, perché l’uomo è antropocentrico allo stesso modo in cui il leone  si considera leonecentrico, il gatto gattocentrico, il topo topocentrico e così via fino ad arrivare al verme.
L’uomo, con queste sue convinzioni, può sentirsi legittimamente in diritto di utilizzare, per se, la Natura in cui è inserito; possiamo dire che nell’uomo prevale una sorta di istinto di sopravvivenza che, peraltro, è comune alle altre specie che convivono con lui: il leone, infatti, si meraviglierebbe molto se qualcuno gli andasse a dire che non può sbranare l’antilope e farla a pezzi.
Diciamo allora che il problema del rapporto dell’uomo con la Natura e, in definitiva, con se stesso, perché egli fa parte della Natura come le altre creature, è quello del “limite” e dicendo così non ne facciamo una questione morale ma utilitaristica.
Non si tratta di idealizzare la Natura e di farne un feticcio o una sorta di nuova divinità; il fatto è che la Natura ha elaborato le sue leggi in milioni di anni, queste leggi hanno un senso profondo e quindi prima di toccarle bisogna rifletterci sopra .
Come dice Bacone, che pure è considerato il padre della rivoluzione scientifica, “l’uomo è il ministro della Natura; alla Natura si comanda solo obbedendo ad essa”.
L’uomo moderno, industriale, occidentalizzato, ha dimenticato questo ammonimento.
Il problema non è dato dalla tecnologia in quanto tale; il problema diventa tale con “l’uso di massa” della tecnologia e lo sfruttamento sistematico della Natura
Poiché questo uso ne altera gli equilibri, ne sovverte le leggi e – forzandole oltre ogni limite – ne provoca la reazione, visto che la tecnologia concentra in tempi e spazi ridottissimi ciò che la Natura ha regolato con cadenze lente e ampie; proprio per questo riesce ad ottenere i formidabili risultati che ottiene.
Anche perché questa concentrazione di energia ha inevitabilmente, nel tempo, dei contro-effetti altrettanto potenti: è come una molla  che libera la stessa forza che abbiamo messo nel comprimerla.
Inoltre, quando applichiamo a livello di massa le nostre invenzioni, scoperte, ritrovati e artifizi, non siamo in grado – per quante proiezioni computerizzate si facciano – di prevedere e calcolare le variabili che mettiamo in circolo.
Ma torniamo alla questione forse più importante, quella “ambientale”: è evidente che a furia di saccheggiare la Natura in modo dissennato, stiamo devastando il pianeta e alterandone l’ordinamento in modo estremamente pericoloso.
Infatti, abbiamo corrotto l’istinto di sopravvivenza in un autodistruttivo delirio di onnipotenza, in un ibrido incontenibile e fortemente assurdo (vedasi la vicenda della “mucca pazza”) e alla stessa stregua delle cellule cancerogene, stiamo divorando e uccidendo il corpo da cui siamo nati, in cui siamo cresciuti e che ci da vita.
E parlare di “sviluppo sostenibile” è semplicemente assurdo: lo sviluppo è già adesso insostenibile e ogni suo incremento porta ancora più velocemente alla catastrofe ecologica. Pensiamoci, gente, pensiamoci!!

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