sabato, febbraio 09, 2013
LA POLEMICA SU MUSSOLINI
L’ineffabile cavalier Berlusconi nell’inesauribile
voglia di “stupire” i suoi ascoltatori, ha detto una cosa che lo ha catapultato
su tutte le prime pagine dei giornali, anche quelli stranieri; detto in
soldoni, il concetto è questo: Mussolini ha commesso un solo errore, quello di
avere messo all’indice solo le leggi
razziali del Duce; per il resto ci sono cose buone e cose meno buone.
Prima di addentrarci oltre, all’esimio
cavaliere è mancato di dire che il fascismo, cioè Mussolini, ha soppresso la
libertà in Italia, alla stessa stregua di quello che hanno fatto Hitler in
Germania e Stalin in Russia; se diamo per scontato questo “peccato” che risulta
inemendabile, possiamo andare a vedere se scopriamo qualcosa che il Duce ha
messo in piedi e che non è proprio da gettare.
Ci viene in aiuto una bella mostra inaugurata
nei giorni scorsi al San Domenico di Forlì, sull’arte italiana fra le due
guerre, mostra che è apparsa a tutti i critici la più bella e la più completa
fra quelle viste nel nostro Paese.
Citiamo solo alcuni degli artisti esposti
nella Mostra e che hanno dominato il secolo: De Chirico e Carrà, Severini e
Soffici, Sironi e Castrati, Cagli e Manzù, Arturo Martini e Giò Ponti; di
questi – e di altri artisti dell’epoca – ammiriamo non solo i dipinti e le
sculture, ma anche alcuni “prodotti industriali”, alcuni mobili e diversi
manifesti pubblicitari che esemplificano il gusto del nostro Novecento, insieme
a molti modelli di sartoria; tutto ciò consente al catalogo di superare di gran lunga i cinquecento numeri.
Il fascismo, dunque, dopo aver soppresso la
libertà e avere “inventato” Ventotene e Ponza, eleggendoli non a luoghi di
villeggiatura ma destinazioni di esilio, lasciò campo libero alla cultura,
soprattutto grazie ad una “amica” di Mussolini, Margherita Sarfatti, fondatrice
del movimento “Novecento”, a cui parteciparono grandi autori come D’Annunzio e
Fogazzaro; grosso modo negli stessi anni, la Russia di Stalin e del suo procuratore Vyshinski
affogava nei lager siberiano le voci degli intellettuali russi, la Germania di Hitler e del
suo Ministro per la propaganda, Goebbels, costringeva i pochi artisti che
ancora resistevano nella Germania hitleriana ad andarsene all’estero.
L’atteggiamento del fascismo verso gli
intellettuali fu diverso, in quanto era teso ad assicurarsi come minimo
l’amicizia se non il consenso o almeno la docilità degli artisti e ci riuscì in
maniera persino più efficace, garantendo – e qui sta la “singolarità” italiana
– livelli di libertà espressiva che a Mosca ed a Berlino erano del tutto
impensabili.
In questa operazione Mussolini si avvalse,
oltre che della già citata Margherita Sarfatti, anche del suo Ministro
dell’Educazione Nazionale, quel Giuseppe Bottai che ebbe a circondarsi di consulenti
eccezionalmente validi, come Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi e Roberto
Longhi; è da aggiungere che allo stesso
ministro si deve la moderna organizzazione delle Soprintendenze e le leggi
fondamentali per la tutela del patrimonio, ancora oggi asse portante nella vigente
normativa del settore; di Bottai non possiamo dimenticare la sua organizzazione
del Premio Bergamo, che ospitò nel 1941 la
“Crocefissione” di Guttuso.
Dire “Mussolini ha fatto anche cose buone” non
significa niente ed è soltanto un modo per accendere delle polemiche che, ad oggi
non hanno senso comune; giusto invece affermare che negli anni di Mussolini –
anche per merito di donne e di uomini di Mussolini – l’Italia della cultura e
delle arti, ha prodotto molte cose buone, soprattutto non ha quasi mai
mischiato la politica con l’arte, lasciando ad ognuna il campo che le
competeva. Non è poco!!