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lunedì, febbraio 11, 2013

IL PIANTO NON E' DEBOLEZZA 



Abbiamo avuto un paio di “pianti” che sono schizzati in prima pagina; la prima è stata la ministro Fornero che ha pianto in Parlamento su una sua norma che se la prendeva con i poveri pensionati; dopo la ministro abbiamo avuto un pianto di Corona quando è stato arrestato a cui ha fatto seguito  l’affermazione: “guai a voi se riportate le mie lacrime e, soprattutto se le fate vedere”
Questo perchè mostrerebbero “debolezza” e Corona questo non lo vuole assolutamente; però, il nostro VIP, non sa che una ricerca condotta a Londra,  ha scoperto che l’uomo, prima di parlare, ha pianto per dimostrare le proprie emozioni.
E nella mia conoscenza cinematografica, c’è un film che – oltre ad essere un capolavoro – tratta proprio questo argomento, cioè “pianto – umanizzazione”.
Il film cui mi riferisco è “La Strada” girato nel 1954 dal grandissimo Federico Fellini e che gli valse il primo Oscar quale miglior film straniero.
Il film narra la storia di due personaggi, completamente diversi tra loro: Zampanò è un girovago che si esibisce nelle piazze in esercizi di forza; per conferire alla sua esibizione un tocco di femminilità, Zampanò si fa accompagnare, diciamo “compra” una piccola donna, Gelsomina, che è l’antitesi de maschio, tanto lui è strafottente e “bestiale”, tanto lei è docile e disponibile a seguire i giri di Zampanò.
La povera Gelsomina fa il possibile per non lasciare Zampanò, ma quando questi uccide il “matto”, l’unico cha cerca di instaurare un rapporto “umano” con Gelsomina  non ce la fa più e impazzisce;  la sua pazzia si determina in un continuo pianto e Zampanò non ce la fa a sopportarla (per la verità non ci prova neppure) e così, approfittando del fatto che la ragazza riesce a prende sonno, la lascia in mezzo alla strada e se ne và.
Nell’ultima sequenza, Gelsomina non compare, mentre è basata su Zampano: il bestione sembra che se la cavi meglio, in quanto è in un Circo strutturato ed ha una donna molto più piacente di Gelsomina; nel paesino dove si esibirà, sente una musica che gli ricorda Gelsomina, la quale aveva imparato a suonare la tromba e, per la verità, un solo motivo,  quello che egli sente in una casa del paesetto.
Zampanò si dirige verso la casa e chiede notizie del motivo musicale: una signora che aveva conosciuto Gelsomina gli racconta che la ragazza era arrivata in quella zona e non parlava con nessuno; suonava la sua tromba e basta.
Questo è durato un po’ di tempo, fino a quando Gelsomina è morta e nessuno – neppure il Sindaco – è riuscito a trovare il nome dei parenti della ragazza.
L’ultima parte del film è dedicata solo a Zampanò: l’uomo è rimasto scosso dalla notizia della morte di Gelsomina e la sera, dopo il suo spettacolo circense, si reca in una osteria e si ubriaca; i presenti lo prendono a cazzotti e lo cacciano dal locale..
Zampanò si ferma ad una fontanella dove si lava il viso e poi si dirige verso la spiaggia:
sulla battigia l’uomo si lascia andare e comincia a mostrarsi assai diverso da quello che era stato fino a quel momento; guarda in alto, sembra vedere qualcosa – che noi non vediamo - mostra un volto impaurito, fino a scoppiare in un pianto convulso.
La tematica è abbastanza chiara: anche una “bestia” come Zampano può diventare un “essere umano” purché trovi una persona che riesca a stare con lui – almeno per un po’ di tempo - ed a “sacrificarsi” per  renderlo un “uomo”; il proprio sacrificio sarà quello che permetterà alla “bestia” di diventare un “essere umano”.
Il film è un capolavoro e la tematica estremamente interessante.

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