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martedì, gennaio 22, 2013

SUPERMERCATI SALVA-SCUOLE 



Sembra una barzelletta ma così non è: la scuola italiana, dopo l’avvento dei famigerati “tagli” alle forniture di materiali, tira avanti con “i punti” dei supermercati.
Per avere carta, dvd, lavagna Lim, pc portabili, microscopi e stampanti, al momento non resta altro che fare riferimento alla raccolta punti che le catene commerciali lanciano a livello promozionale ed alle quali le scuole – o meglio, i genitori degli alunni -  aderiscono.
Il sistema è molto semplice: i genitori corrono a comprare la merce occorrente per le loro case e così facendo raccolgono “punti” che i figli consegnano agli insegnanti degli istituti frequentati e, come una manna caduta dal cielo, arrivano i premi.
Vale a dire i mezzi indispensabili per assicurare una didattica attualizzata: a Padova la scuola elementare “Gesù-Maria” ha raccolto così tanti bollini da assicurarsi ben 5 cinque lavagne Lim. Sempre nella stessa città, l’Università ha vinto tre risme di carta A4 per fotocopiatrice; insomma, c’è la corsa all’Ipermercato per assicurarsi quanto serve tra i banchi di scuola.
Ovviamente, un elogio va fatto ai genitori che rinunciano a piccole TV o a cyclette, pur di assicurarsi quanto serve ai loro figli tra i banchi di scuola.
Parafrasando un celebre slogan pubblicitario, possiamo dire che “la scuola sei tu”, ma dobbiamo continuare con “a patto che dopo aver pagato le tasse scolastiche, vada ad un supermercato che utilizza le raccolte punti”.
Ma vi sembra una cosa normale? Vi sembra una cosa accettabile che le tasse da noi tutti pagate servano per i festini dei tanti onorevoli e delle loro famiglie e, dopo questo “primario” utilizzo, ovviamente non rimanga a sufficienza per dare ai ragazzi una idonea istruzione?
Ed allora, proverò a ripetere una delle mie poche idee sull’argomento:anzitutto, essendo in campagna elettorale, sarebbe bene che i candidati – dai big ai peones – esprimessero la loro idea su un principio derimente: il tenere in piedi tutto l’apparato delle Forze Armate è da considerare una attività essenziale per lo Stato?
Poiché allo stato attuale delle cose, cioè senza guerre alle quali partecipiamo o senza nessuna Nazione che possiamo considerare “nemica”, c’è qualcuno che mi può spiegare a cosa serve quella immane fucina di miliardi che viene gettata nell’Esercito?
A coloro che lo chiedo, mi rispondono che “ci vuole anche l’esercito”, senza dirmi il motivo; magari qualcuno si inerpica sugli specchi per arrivare a sostenere che “è una questione di prestigio”: ma vogliamo scherzare! Questo sarebbe prestigio? Tenere un branco di persone, alcune anche molto preparate tecnicamente , a non far niente in attesa di quello che non verrà. E ridurre alla “vecchiaia” fior di armi tecnologicamente avanzate – aerei, missili, ecc. – senza ovviamente che vengano utilizzate, stante che non abbiamo nessuno contro cui lanciarle.
Ed allora, ecco l’idea: Consideriamo l’esercito (spese militari e tutto quello che ne consegue) come una cosa che non ci possiamo permettere e quindi – con un semplice giro contabile nel bilancio dello Stato – “giriamo” l’ammontare che viene destinato alle spese militari al bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione ed a quello dell’Università; ragioniamo un attimo: cosa succederebbe? Verremmo subito attaccati dalla Libia o da qualche altro staterello? Non lo credo assolutissimamente e quindi l’unica cosa che succederebbe è che le massaie italiane avrebbe la facoltà di andare a fare la spesa anche in quei supermercati che non fanno “raccolta punti”!! Chiaro??

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