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domenica, gennaio 20, 2013

LA MAGISTRATURA NELL'OCCHIO DEL CICLONE 



E’ di pochi giorni fa un mio post sulle proteste di un gran numero di cittadini circa una decisione presa dalla Magistratura bergamasca che ha concesso gli arresti domiciliari ad uno stupratore.
Adesso il problema è forse più grave in quanto interessa dei veri e propri delinquenti, persone che non meritano nessun occhio di riguardo; a questo proposito, vorrei citare due fatti che sono avvenuti in questi giorni e che hanno scosso l’opinione pubblica.
Il primo è avvenuto a Napoli, dove un pluriomicida è tornato in libertà per decorrenza dei termini; il personaggio in questione è tale Mauro Marra, ritenuto uno dei killer della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Tutolo che negli anni ’80 si è pentito auto-accusandosi di una trentina di omicidi.
Il Marra ebbe anche un momento di notorietà per il contributo che dette alle indagini che consentirono di fare piena luce sulle false accuse dei pentiti contro il presentatore Enzo Tortora.
Il problema, a quanto mi è dato capire, è che la magistratura campana, non ha completato nei termini previsti dalla legge, alcuni atti e alcune trascrizioni, per cui il Marra è tornato in libertà.
L’altro problema avviene a Milano, dove si tiene un processo “con il rito abbreviato” nei confronti di 110 imputati, accusati di vari reati e, soprattutto, di far parte della famigerata ‘ndrangheta.
La Cassazione ha annullato senza rinvio, “per vizio di forma” la sentenza emessa nel novembre 2011 dalla Corte d’Appello di Milano in quanto la motivazione della sentenza è pervenuta alle parti in modo “tronco”, cioè la stampante ha saltato 120 pagine;  il Giudice estensore dell’atto, si accorge tre giorni dopo averla inviata, che la sentenza è priva di 120 pagine (sulle 900 complessive) e provvede ad inviare una nuova copia alle parti, ma queste chiedono l’annullamento del secondo invio e sembra che possano avere ragione in forza del “vizio di abnormità” dell’atto processuale.
Dopo che la Cassazione avrà depositato le motivazioni dell’annullamento, la Corte d’Appello dovrà decidere come sanare il vizio e questo lo sapremo solo quando riprenderà il processo; intanto i difensori di tutti gli imputati chiedono l’annullamento del verdetto di primo grado e la scarcerazione dei propri assistiti.
Diciamo subito che un annullamento di una sentenza per stampante difettosa non era ancora mai avvenuto nella lunga via crucis della giustizia italiana e il fatto che sia successo in un maxi processo che vede alla sbarra 110 imputati, rafforza la gravità del problema.
Siamo in presenza di un errore “di rito” e non “di merito”, ma è probabile che possa bastare per mandare tutto all’aria e costringa la Magistratura milanese a ripartire da capo. È chiaro che il nostro codice di procedura penale andrebbe rivisto alla luce di questi possibili errori e venga corretta l’impostazione dei vari “vizi” che la sentenza può avere; ovviamente quelli “di rito” non dovrebbero avere molta importanza, anche perché nel caso in specie, la Corte d’Appello di Milano si è accorta dell’errore dopo soli tre giorni e in quel tempo ha provveduto ad nuovo invio degli atti ribattuti dalla stampante; chiaro che la “sostanza” non è stata toccata, e solo la forma risulta interessata al caso; con i richiami dell’UE sulla situazione delle carceri e con gli arretrati che si ritrova, è una mazzata  poderosa per la magistratura milanese specie se dovesse riprendere il processo da capo.

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