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sabato, gennaio 26, 2013

LA FOLLIA DELLA CRESCITA 



La “crescita”, questo simbolo che dovrebbe sistemare tutto, è ormai diventato un obbligo per i politici e nessuno che li contraddica, usando per esempio l’immagine del gatto che si morde la coda; per la verità si tratta del gatto che “cerca” di mordersi la coda, in quanto più si accanisce nell’inseguire la propria appendice e più questa gli corre via. Il fatto che per effetto degli istinti fornitigli dalla natura, la bestiona si ostini a condurre questo gioco, non dovrebbe sorprenderci più di tanto, dato che “lui” si accorge quasi subito che è inutile e in fatti poco dopo cessa la corsa; ma se sostituiamo l’uomo al gatto, la scena assume tutt’altro tono e raggiunge addirittura il moderno dramma che viviamo tutti i giorni.
L’uomo infatti, fortemente irretito dai media e dalla politica che li conduce, porta avanti una sorta di assioma che dice: bisogna consumare di più per accelerare il processo produttivo e questo – ecco la follia che viene imposta – produce la scontata saggezza sociale ed economica. Ed eccola la “saggezza”: produrre e consumare e poi riprodurre ancora, quale ossessione per un presunto benessere futuro, illimitato quantitativamente, indefinibile qualitativamente e dunque inaffidabile come l’imprendibile coda del gatto.
Alla base di ogni principio naturale c’è il concetto di “necessità”, nel senso che  ogni ospite della Terra può prelevare e consumare in rapporto ai bisogni che gli si presentano nella vita stessa. Manipolare e distruggere risorse per produrre oggetti secondo leggi diaboliche dell’economia è totalmente contro natura.
In altri termini, la Terra di per se è più che sufficiente per sostenere tutte le creature che la abitano e, talvolta renderle felici; solo l’accumulazione capitalistica non è funzionale alla vita e quindi alla Terra e, in ultima analisi a tutti noi.
Ed ecco perché siamo ricorsi all’allocuzione “sviluppo sostenibile”, vera e propria bugia: lo sviluppo è già “adesso” insostenibile e ogni suo ulteriore incremento porta ancor più rapidamente alla catastrofe ecologica.
È assolutamente illusorio pensare di poter salvare capra e cavoli – cioè lo sviluppo e l’ambiente – perché la corsa allo sviluppo è legata all’energia e anche se utilizziamo quella cosiddetta “pulita” (eolica, solare, ecc), l’inquinamento è insito nello sviluppo.
Non so chi abbia messo in testa all’uomo moderno che la “crescita” è un bene in sé; si badi bene che anche il tumore è una “crescita” in questo caso di cellule impazzite.
Perché l’inquinamento non è solo quello delle polveri sottili o di qualche altro elemento chimico spanto nell’aria; l’inquinamento è anche quello della testa, quello psicologico, quello che fa impazzire; sentite questa: qualche anno fa, in una regione tra Belgio e Olanda, furono impiantate trecento torri per sfruttare l’energia del vento che da quelle parti soffia impetuoso.
Gli abitanti del luogo se uscirono quasi passi: anzitutto per una regione psicologica e culturale, in quanto erano abituati ad avere  davanti una piatta e immensa pianura che si stendeva a perdita d’occhio e non si riconoscevano in un paesaggio così mutato; in secondo luogo, le pale delle torri, girando vorticosamente per raccogliere il vento, facevano un “chiasso” insopportabile.
Insomma, il Mondo intero è diretto verso un baratro che viene chiamato sviluppo e che solo qualche filosofo definisce così: “solo il successo di questo modello di sviluppo sarebbe peggiore del suo fallimento”; pare proprio che l’uomo di oggi  non abbia strada, ma così non è: basta che si ribelli all’inutile consumismo.

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