sabato, dicembre 01, 2012
A TARANTO PIOVE SUL BAGNATO
Su uno dei problemi del lavoro e
dell’inquinamento più importante d’Italia, con la fabbrica chiusa per decreto
giudiziario, si è abbattuta anche una tromba d’aria che ha prodotto morti e
feriti, oltre a danni incalcolabili (una ciminiera abbattuta); qualcuno ha
affermato che anche il Cielo c’è l’ha con la fabbrica dei veleni!!
Parliamo prima della fabbrica europea più
importante per la produzione dell’acciaio che -
si è scoperto dopo tanti, troppi anni – espelleva dalle sue ciminiere
dei veleni cancerogeni che avrebbero prodotto un aumento dei tumori
“significativo”.
Lo Stato ha sempre guardato dalla parte
opposta e in alcuni casi – governo Berlusconi – ha aumentato la soglia dei
veleni concessi in barba alle direttive europei – finché non è intervenuta la Magistratura che,
ovviamente non ha guardato per il sottile ed ha chiuso la fabbrica; ma di chi è
questa fabbrica? L’ILVA, dopo essere transitata da Italsider e Finsider, è
stata quasi regalata alla famiglia Riva che sta facendo con l’acciaio gli
“stramiliardi”; si dirà: beati loro, ma il problema sono i morti per tumore
all’apparato respiratorio che urlano vendetta.
Con la chiusura della Fabbrica, si mettono a
casa un numero impressionante di operai (si dice arrivi a 15.000 unità con
l’indotto) e quindi c’è sempre stata una sorta di “chiusura d’occhi” da parte
dei sindacati che affermavano, e lo ribadiscono anche adesso: “si muore di
tumore ma anche di disoccupazione”.
Per completezza d’informazione, è bene dire
che l’ILVA è diventata una struttura addirittura più grande della città che la
ospita (Taranto); c’è da aggiungere che la fabbrica non è “piovuta” da Marte,
ma è cresciuta anno dopo anno, con il beneplacito di strutture locali (in
primis) e centrali; cioè, voglio dire che non c’è niente di “invisibile” e
quindi non è facile spiegare ad un profano come me il motivo per cui il bubbone
sia scoppiato solo nella seconda metà del 2012.
Cosa fare per cercare di salvare, se
possibile, capra e cavoli? Credo che lo Stato debba prendere il pallino in mano
e dirigere il gioco che, insieme alla magistratura o meglio con la sua
supervisione, si compone di alcune fasi: la prima è l’inizio immediato della
ristrutturazione degli impianti, operazione a totale carico di Riva e insieme
cominciare una partecipazione ai controlli degli operai e dei sindacati; non è
pensabile che la forza lavoro sia messa a casa, ma al massimo può essere
collocata in una sorta di “cassa integrazione a rotazione”, finanziata
anch’essa da Riva, che deve mettere mano al portafoglio e cacciare fuori una
parte dei soldi guadagnati in questi anni.
Un commento sull’andamento dell’operazione: a
corollario del fatto di reato, dalle intercettazioni della Magistratura, sono
emersi una serie di personalità che hanno beneficiato – direttamente o
indirettamente - dei soldi che Riva distribuiva a tutto spiano; si parla del
Governatore della Puglia, Vendola, che avrebbe avuto alcune pressioni da parte
dei funzionari dell’ILVA; sembra che ci sia implicato anche un sacerdote,
alcuni finanzieri e qualche faccendiere che non manca mai in questi scandali;
insomma uno spaccato dell’Italia che sta franando.
Ma torniamo all’inizio: su questo bordello di
proporzioni gigantesche, è piombata anche una tromba d’aria che ha devastato
Taranto e, in particolare, lo stabilimento dell’ILVA che ha subito danni
considerevoli e, soprattutto, ha lasciato un disperso e molti feriti, qualcuno
anche in modo grave. Dalle mie parti c’è un detto: “piove sul bagnato” cioè in
una situazione difficilissima per l’occupazione, si aggiungono le spese che
servono per rimettere in piedi la situazione della fabbrica e della città.