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domenica, ottobre 07, 2012

DILEMMI ANGOSCIANTI 



Tanto per discettare su qualcosa di diverso dalle ruberie dei nostri politici o dall’andamento dello spread, mi pongo – e vi pongo – due domande: la prima è quella che dice “vale più la difesa dell’ambiente e della salute o quella del lavoro?”, mentre la seconda recita “vale più il rigore contro chi è sospettato di aver commesso reati particolarmente odiosi (perché commessi a danno di malati) o la necessità di consentire all’indagato di svolgere un’attività carica di contenuti umani e sociali?”.
Entriamo nei particolari e vediamo le due vicende alle quali mi riferisco; la prima chiaramente  riguarda il “caso ILVA di Taranto”, l’acciaieria dalla quale fuoriuscivano molti fumi inquinanti che – a detta dei rilievi prodotti dai magistrati – avrebbero causato, negli anni passati,  la morte di molte persone.
A questa situazione la magistratura ha risposto con la chiusura dell’attività dell’azienda che ha causato la messa in Cassa Integrazione (ma solo per figura, perché si prospetta il licenziamento) di una gran massa di lavoratori che con quello stipendio mantengono le proprie famiglie.
Un sindacalista ha detto: “non si muore solo di inquinamento ma anche di disoccupazione”, ma di tutto questo la magistratura non può e non deve tenere conto: il reato è l’inquinamento e non la disoccupazione; fin qui mi sembra tutto chiaro e difficilmente opinabile, ma mettere sul lastrico diverse migliaia di lavoratori non è un provvedimento che possa passare in modo indolore. Quindi, si poteva attendere la messa in sicurezza prima di chiudere la fabbrica e intanto continuare a lavorare?
La seconda vicenda riguarda un chirurgo di fama mondiale, nato in Italia e laureatosi a Pisa ma poi trasferitosi negli Stati Uniti dove ha fatto la carriera e le scoperte che lo hanno reso famoso; ebbene, l’illustre luminare è accusato di tentata concussione, peculato e truffa e, per questi capi d’imputazione è stato assegnato agli arresti domiciliari; fin qui tutto chiaro e tutto limpido, ma non abbiamo ancora tenuto conto dei disgraziati malati che sono in attesa dell’intervento salvifico (trapianto di trachea e altre diavolerie del genere) che solo il nostro accusato è in grado di realizzare. E allora la domanda che tutti si pongono è questa: era proprio indispensabile l’arresto domiciliare oppure si poteva fermarlo solo dopo l’avvenuta (eventuale) condanna, consentendogli nel frattempo di salvare qualche vita umana?
Entrambe le domande sono molto difficili e non hanno risposte semplici e tanto meno semplicistiche e riguardano situazioni “limite” che non tanto spesso, per fortuna, ci capita di incontrare; all’ILVA si gioca una partita che ha come squadre, da una parte i morti per tumore ai polmoni e dall’altra migliaia di disoccupati; impossibile scegliere e quindi l’unico rilievo lo rivolgo alla magistratura che avrebbe potuto agire con maggior buonsenso, fermo restando il dovere di mettere l’acciaieria a regime nel più breve tempo possibile; ed in aggiunta mi sembra indispensabile l’intervento del Governo in questa trattativa per evitare i “morti per disoccupazione”.
Per il luminare ai domiciliari e quindi impossibilitato ad operare, mi pongo alcune domande: è un mascalzone? Ancora non lo sappiamo. È un luminare? Sicuramente si!
Potrebbe reiterare il reato? Forse, ma mi sembra difficile. Sulla base di questo dibattito non trovo niente di ostativo a consentire all’imputato di svolgere regolarmente il proprio lavoro, ovviamente fino a che l’eventuale condanna non sarà passata in giudicato.
Quindi, che la giustizia faccia il suo corso, ma senza lasciare vittime innocenti sul proprio cammino o anche famiglie disperate senza stipendio!!

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