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lunedì, luglio 30, 2012

MAFIA E GIUSTIZIA 


L’ultima assoluzione – per mancanza di prove – pronunciata dal GUP del Tribunale di Palermo, riguarda l’ex Ministro Saverio Romano accusato di “concorso esterno in associazione mafiosa”; si potrebbe dire che la giustizia ha fatto bene il proprio lavoro e un innocente è stato liberato da ogni sospetto; peccato che questa “liberazione” è avvenuta dopo 9 anni dall’inizio del procedimento giudiziario; chiaramente la potenziale carriera politica di Romano è andata a picco e sarà difficile che possa riprendere la corsa; magari si dirà che “non è morto di fame” in questo frattempo, ma  sotto il profilo giuridico ha subito un’ingiustizia; mi chiedo e vi chiedo: chi lo risarcirà per questa perdita?
Purtroppo per questo nostro disgraziato Paese, l’accostamento tra mafia e politica è ormai cosa di tutti i giorni e campeggia quasi giornalmente sui giornali; anzi, a questo proposito, sui “Diari” di Montanelli, appare, sotto la data 25/10/1966, questa annotazione: “Castello (capo della Segreteria di Merzagora, allora Presidente della DC), mi dice che nella relazione della Commissione Antimafia del Senato, ci sono cose da rabbrividire; tra l’altro c’è la prova che un deputato liberale ha fatto liquidare a lupara un suo avversario”. E adesso, chiede Montanelli a Castiello?  “Semplice, avverrà la solita cosa: la mafia diverrà il solito fenomeno di carattere sociologico e quindi non allarmerà nessuno ed interesserà solo gli scienziati”.
Un altro personaggio illustre, l’ex capo dello Stato, Cossiga, sosteneva, sempre a proposito della mafia: “c’è sempre stata, sempre ci sarà e sempre la politica stringerà impliciti patti con essa”; insomma, la mafia starebbe alla politica italiana come la bramosia di potere sta alla natura umana: è un fatto “naturale” e basta.
Si comprende così che l’accostamento del politico alla mafia è difficilmente sanzionabile in quanto è difficile valutare il semplice rapporto umano da quello di stampo mafioso e quindi la magistratura si trova molto spesso in difficoltà e in questo è comprensibile ed ha tutto il mio appoggio; infatti se la politica (da cui scaturiscono le leggi) non pone la magistratura in grado di lavorare con chiarezza, chi ne risente è la “giustizia” e, accanto ad essa, il semplice cittadino.
A questo proposito cito un fatto che non c’entra niente con la mafia ma c’entra con il concetto che ho sopra esposto: un imprenditore della Provincia di Vicenza sorprende due ladri muniti di spranghe di ferro che sono entrati nel suo deposito di materiale; l’uomo ha sparato e ha ferito i due ladri; ebbene, al termine del giudizio della magistratura, l’imprenditore è stato condannato a un anno di carcere ed al risarcimento di 120/mila euro ai ladri, mentre questi ultimi sono stati condannati a 4 mesi: mi sembra una sproporzione, in quanto gli “invasori” hanno subito una condanna che è circa un terzo (contando anche il risarcimento) di quello che è toccato al “difensore della proprietà”. Ma allora, dirà qualcuno, non c’è più la possibilità di difendere la propria vita ed i propri possessi?
Le norme del codice evidentemente dicono questo e cioè che “non si può sparare ai ladri che entrano in casa nostra” e quindi si potrebbe quasi affermare che mentre è stata “concessa” surrettiziamente la libertà di delinquere, è stata soppressa quella di potersi difendere.
Comunque, buttiamola in ridere così come hanno fatto alcuni amici miei con cui ne ho parlato; sapete come hanno reagito: meglio una brutta sentenza in un pessimo processo che un bellissimo funerale; chiaro il concetto??

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