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lunedì, luglio 16, 2012

IL FLOP DEI "SALDI" 


Da qualche giorno è cominciato uno dei “riti” del consumismo contemporaneo; purtroppo, il momento economico ha messo più di un bastone tra le ruote dei nostri commercianti; le associazioni parlano di un 30% in meno.
D’altronde, non ci possiamo dimenticare che la gente comune è uscita da pochi giorni dal salasso dell’IMU e sta affrontando un nuovo prelievo forzoso: la TIA – Tariffa igiene ambientale - che i nostri Comuni, hanno aumentato di un buon 25% rispetto all’anno scorso; quindi, vista la situazione non c’era da sperare in niente di meglio.
E poi, non dimentichiamo che in questa sarabanda continua di consumi, l’acquisto di un nuovo capo di abbigliamento, deve avere come contraltare la “rottamazione” di un analogo oggetto; questo perché la capacità dei nostri armadi è quella e non possiamo andare oltre, a meno che non si voglia cambiare anche il mobile.
Voglio dire che non possiamo affermare che c’è una necessità cogente di “quel” capo, ma solo un desiderio – più o meno importante – di esibirlo; sono stato chiaro?
Ed allora, ecco che mi torna la smania di ripetere un discorso che ho già fatto varie volte: perché non “approfittiamo” di questo momento storico  per ritornare a vecchie abitudini di consumo e così vanificare tutte le stronzate che gravano sugli spread, sui tassi esteri, ecc.; insomma, perché non rivalutare alcuni concetti che anche il cinema ci ha mostrato varie volte, senza però che ci rimanesse attaccato niente di valido.
Alludo alla figura di Francesco d’Assisi, il “poverello”, come venne chiamato, colui che con la sua povertà rovesciò il Mondo e con il suo modo di intendere la vita, esibì una vera, autentica libertà e quindi una proposta veramente rivoluzionaria.
Mi è tornata in mente questa grande figura di “santo”, quando ho appreso che l’ottantenne Liliana Cavani ha in animo di realizzare un terzo film su San Francesco, dopo quelli usciti nel 1966 e nel 1989, quest’ultimo per la TV.
La grande regista nostrana, autentica maestra dell’arte cinematografica, sembra intenzionata a riproporre la figura di Francesco, colui che – nato ricco – si spoglia di tutto e nella povertà e nella semplicità di vita, trova l’assoluto, la pace interiore, la comunione con Dio.
Ho appreso anche – da un’altra fonte – che alla prossima Mostra di Venezia avrò l’opportunità di incontrare la Cavani, in quanto alla kermesse veneziana presenterà “Clarisse”, un documentario su una quindicina di suore di clausura di Urbino con cui da alcuni anni è entrata in contatto.
Certo che la Cavani non finisce mai di stupirmi: nata da una famiglia a dir poco laica, anch’essa profondamente laica, ammira queste suore e il grande Francesco; come mai, proprio oggi che nessuno trova niente di buono nella povertà, lei continua a rimestare in queste figure che hanno nella povertà il loro autentico “carisma”?
Forse perché lega il concetto di “povertà” con quello di “dignità”, cioè quel bene assoluto che – secondo il filosofo Quinet – è indispensabile per raggiungere la libertà, quella vera; ma noi tutti, per possederla, dobbiamo andarle incontro e non credere che sarà lei a venire verso di noi, senza che facciamo un passo verso di lei.
Ma guarda come mi ha preso la mano quest’argomento: dai saldi siamo arrivati alla “povertà” e da questa alla “dignità”; quale il filo conduttore? Forse il fatto che questa civiltà ci ha condannati ad utilizzare la nostra forza solo per accrescere il presunto “benessere”, fatto di cose nuove da comprare, cose che magari non servono ma che ci danno l’illusione della gioia; gioia che Francesco provava già con il suo vecchio saio.

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