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mercoledì, maggio 23, 2012

COSE STRANE DAL MONDO 

Ci stiamo avvicinando alle Olimpiadi di Londra e vale la pena ricordare che il 12 agosto del 490 avanti Cristo, l’esercito ateniese sconfisse i favoritissimi persiani nella battaglia di Maratona; il comandante greco, generale Milziade, ordinò ad un prestante soldato dal nome di Filippide, di correre ad Atene a dare la bella notizia.


Il giovanotto corse per 42 chilometri – da allora diventata distanza classica della maratona in atletica – arrivò ad Atene e fece appena in tempo a dire “abbiamo vinto” e subito dopo stramazzò morto al suolo.

Sarà questo il destino di alcuni Paesi europei che stanno facendo i salti mortali per arrivare al pareggio di bilancio? Cioè, arrivati alla meta, colui che porta la buona novella stramazza morto per terra oppure ha ancora un briciolo di fiato che gli consente, magari, di commentare la battaglia??

Già, dico questo perché in Italia, il maratoneta non è morto ancora, ma non sta per niente bene! Sentite questa: la storia si svolge nella mia città, dove un imprenditore di 66 anni conduce la sua azienda in modo impeccabile: stipendi in perfetta regola, ferie regolari e quant’altro previsto dal contratto di lavoro.

E forse è proprio questa precisione, questa puntualità nei pagamenti degli emolumenti ai dipendenti che ha indotto il nostro imprenditore a farsi questo discorso: con il trattamento che faccio alle mie impiegate, mi posso permettere anche qualche palpeggiamento, qualche toccatina o forse anche qualcosa d’altro.

Gli agguati sessuali avvenivano nelle situazioni lavorative più disparate: mentre le operaie erano al banco di lavoro o quando andavano a cambiarsi nello spogliatoio.

Ed è così che la tipologia del “maschio-padrone” prende il sopravvento nei rapporti con le dipendenti, le quali per un certo tempo hanno ritenuto “un privilegio” avere un lavoro sicuro e ben retribuito e quindi, per paura del licenziamento, hanno taciuto sia alle autorità che alle proprie famiglie.

Dopo un po’ di tempo, una delle donne non ce l’ha fatto più ed è andata dai Carabinieri per denunciare il proprietario dell’azienda dove lavora; la prima disposizione del Giudice è stata la condanna del “porco” a tenersi lontano dall’azienda.

Ma ecco che qui sorge un primo inghippo: il titolare sporcaccione ha subito affermato che “senza di me si chiude”, mettendo in grave ambasce le donne denuncianti ma anche la Magistratura che ha emesso la condanna; in concreto, le dipendenti se ne sarebbero dovute tornare a casa, senza lavoro e quindi senza stipendio.

Ma in questo caso la Magistratura mi è piaciuta assai, in quanto ha “inventato” una sorta di scamotto legale per salvare capra e cavoli: ha disposto che il padrone-porco sarebbe rientrato in fabbrica ma solo “quando non c’è nessuno” e cioè dalle 18 del pomeriggio alle 7 del mattino successivo e pertanto non si venga a dire che l’azienda non può andare avanti senza il titolare che – nelle altre ore – viene ospitato nella patrie galere oppure agli arresti domiciliari.

Al di là del pecoreccio insito nella storiella, tutto quanto vi ho narrato può rappresentare il manifesto angosciante di come la crisi ci renda disponibili ad “aggiustare” il castigo pur di salvare degli stipendi e quindi a concludere che di fronte al bisogno, anche i diritti più elementari si vanno assottigliando e si cerca di tollerare degli atteggiamenti che .- oltre ai film degli anni ’60 interpretati da Alvaro Vitali – ci riporta a quanto accadeva nel Medioevo.

Dobbiamo dedurre che stiamo ritornando agli anni bui del Medioevo?? Forse!!!


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