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martedì, maggio 01, 2012

CI RISIAMO 

Credo che molti di voi si ricorderanno alcune campagna pubblicitarie firmate diverse anni fa da Oliviero Toscani per Benetton; erano immagini fotografiche che diventavano gigantografie e che “utilizzavano” la religione (in particolare preti e suore) come elemento per sorprendere la gente (cioè i “consumatori”) ed attrarli verso i prodotti, ma soprattutto verso il marchio pubblicizzato. Adesso arrivano gli emuli che, come è d’obbligo, non legano neppure le scarpe all’originale: si tratta di una serie di gigantografie che pubblicizzano una azienda toscana produttrice di materiale per impianti fotovoltaici; lo slogan è uguale per tutte (“io credo nel fotovoltaico”) e cambiano solo i soggetti a cui si mette in bocca la frase. Per quanto riguarda quelli che ho visto io, abbiamo un prete che alza un crocifisso durante una Messa (o comunque un rito), in un altro si vede un musulmano che si inchina verso la Mecca e prega; in un altro ancora abbiamo una suora che prega e nell’altro una donna islamica anch’essa dedita alla preghiera e tutti, come ho già detto, hanno lo stesso slogan, quello che ho sopra indicato, il quale sostituisce a quello originario della preghiera (Dio, Maometto) una nuova divinità: il fotovoltaico. Da un punto di visto pubblicitario – mestiere che ho intrapreso in gioventù - non mi sembra che ci siano particolari valori, sia sotto il profilo iconico che in quello dello slogan, soprattutto per quanto riguarda il giochetto dell’oggetto della preghiera. Ma, sempre pubblicitariamente parlando, l’azienda interessata ha fatto questo tipo di campagna perché sapeva che avrebbe suscitato scalpore, addirittura “scandalo” (non esageriamo!!) e che pertanto il ritorno, sotto il profilo del “ricordo dello slogan” sarebbe stato notevole; e sotto questo aspetto non ha mancato il colpo. Pensate che qualche Comune ha addirittura pensato di sequestrare le gigantografie, ma una recente sentenza del TAR ha sconsigliato questi signori che avrebbero fatto ancora più … pubblicità alla pubblicità; speriamo non insistano su questa strada!! Chiediamoci invece il motivo per cui un art director di una agenzia pubblicitaria ha messo in piedi questa campagna; penso che sostanzialmente siamo in presenza di “poche idee” e, in questo caso, la religione (qui addirittura le due monoteiste più famose) è come il vestito grigio: ti salva sempre la situazione. Possiamo poi dire che questo modo di fare, testimonia scarso rispetto per le religioni – non solo la nostra – ma questo già lo sapevamo e possiamo aggiungere che prende le mosse dal famoso “relativismo culturale”, spesso accostato al “relativismo morale” anche se non è perfettamente coincidente; la nota di fondo di questa filosofia – portata avanti da Fukuyama – dice che esisterebbe una storia universale dell’umanità valida per tutte le civiltà, per tutte le culture, per tutti i popoli del mondo che sarebbero inevitabilmente e inesorabilmente condotti dalla ferrea logica di un disegno (non si sa bene deciso da chi) verso la diffusione di una cultura generale del consumismo, del capitalismo su base tecnologica, cioè verso il tipo di vita e mentalità dell’ Occidente. Possiamo dire che il relativismo è centrato sul “mercato” cioè sullo scambio di oggetti inerti e quindi non in grado di produrre “valori” che non siano quantitativi e materialistici ovverosia “bisogni” eterodiretti e funzionali al meccanismo produttivo che, per restare in piedi, ha bisogno di creare “voglie” sempre nuove nonché “bisogni” e desideri per poi tradurre queste sensazioni in “consumi”. Insomma, la solita ministra riscaldata: il cittadino è solo un consumatore diretto o meglio “teleguidato” verso consumi quasi sempre superflui ma necessari…al sistema.

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