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giovedì, marzo 08, 2012

MA QUESTA CRESCITA ARRIVA O NO?! 

E’ dall’inizio della crisi che sento la seguente frase: dobbiamo far ripartire la “crescita” di questo Paese altrimenti il solo “rigore” non ci porta da nessuna parte
Con i provvedimenti in corso di emanazione al Senato – peraltro “blindati” abbastanza – avremo probabilmente alcuni servizi più efficienti (farmacie), gli avvocati, pur non tenuti a compilare il “preventivo”, dovranno rinunciare alle tariffe minime e, dopo sei mesi, dovranno “dare qualcosa” ai loro giovani di studio che attualmente lavorano gratis; a proposito delle farmacie, in esse potremo trovare confezioni monodose di quasi tutti i farmaci e quindi i nostri armadietti non crolleranno per il peso delle giacenze. Per i taxi il governo si è dovuto piegare alla lobby che, invocando la territorialità del servizio, ha “imposto” che la normativa sul numero delle auto pubbliche venga determinato dai Comuni, cioè proprio dove finora non è stato possibile smuovere niente a causa di interventi del potentato politico locale.
Sono state tolte alcune commissioni alle banche su operazioni e mutui e queste ultime si stanno stracciando le vesti e strappando i capelli; probabilmente incontreremo l’A.D. di qualche grossa Banca che si reca a pranzo alla Caritas.
Da notare che il decreto che contiene queste “novità”, è stato battezzato dal Governo con il termine “crescitalia” e quindi, se la parola ha un senso, dovrebbe essere proprio quello che ci serve per risolvere il problema della famosa e auspicata “crescita”.
Mi sembra chiaro ed evidente che con questa normativa non si cresce; il problema mi sembra che si possa affrontare da un altro lato: proviamo ad ipotizzare che si calino le tasse (in specie quelle sul lavoro) e – poiché dobbiamo tenere d’occhio il rapporto Debito Pubblico/Pil – utilizziamo alcune “cessioni immobiliari” per diminuire il debito e rendere disponibili alcune diminuzione di tasse proprio in vista di una crescita diretta.
Cosa vendere? Per esempio la parte finanziaria delle Poste Italiane, quel bancoposta che non c’entra niente con l’attività per cui la struttura è stata creata; potremmo poi passare alla dismissione di tutto o di parte dell’ingente patrimonio immobiliare dello Stato e delle amministrazioni locali: si tratta di valori ingenti che sono stati quantificati in circa 400/miliardi di euro, di cui almeno 100/miliardi prontamente vendibili.
Il ricavato ovviamente dovrebbe essere immediatamente imputabile alla riduzione del debito e quindi ad un riequilibrio del rapporto con il Pil.
C’è poi un altro capitolo che potrebbe essere interessante: le spese “assurde” che lo Stato si sobbarca: in un Paese in cui abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa, il nostro capo della Polizia guadagna il doppio di Obama, mentre i commessi del Parlamento si portano a casa più del re di Spagna e molti consiglieri regionali incassano più di Sarkozy; ovviamente queste situazioni sono tutte assistite da “legge dello Stato” e quindi mi sembrerebbe facile abrogare le norme e sostituirle con altre più “normali”.
C’è da notare che il salasso fiscale per mantenere queste situazioni di privilegio che gridano vendetta è ovviamente la tassazione che, infatti, non accenna a fermarsi: la benzina è tassata al 65%, pagheremo l’IMU e avremo un aumento dell’Irpef regionale; tutte queste gabelle calano sulle spalle del “poveruomo”, come se la filosofia del nostro Governo non fosse dettata da economisti come Galbraith o Friedman ma ricopiata dal fumetto di Alan Ford che ha creato il personaggio di Superciuk, il supereroe alla rovescia, il Robin Hood all’incontrario, colui che “ruba ai poveri per dare ai ricchi”.
L’Italia di oggi sembra proprio ispirarsi a questo personaggio: spremere la gente comune per perpetuare privilegi assurdi a politici e papaveri di Stato. D’accordo??

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