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mercoledì, marzo 28, 2012

FALLIRE PER IL TROPPO LAVORO 

Una volta si falliva per i troppi debiti e perché nessuno comprava i tuoi prodotti; oggi, paradossalmente, si può fallire per i tanti crediti e per il troppo lavoro; mi chiederete: come è possibile? Cerco di spiegarvelo.
Una cooperativa che raccoglie tante strutture di odontotecnici, in possesso di commesse sanitarie in Toscana, Emilia, Romagna e Marche, è formato da una quarantina di aziende con 117 addetti; la struttura consorziale – merce rara nel capitalismo italiano – è diventata, oltre che una bella realtà imprenditoriale, anche una palestra per giovani odontotecnici appena usciti dall’apposita scuola.
Il punto è che non basta produrre bene, con materiale di pregio e accontentare i clienti, dato che le protesi che vengono fornite alle varie USL, dovrebbero essere pagate a 30-60-90 giorni, ma nella realtà la scadenza terminale (90 giorni) è diventata mediamente 6 mesi, cioè 180 giorni e quindi il doppio del pattuito.
Quindi il consorzio si ritrova con l’acqua alla gola perché riscuote i pagamenti in tempi non compatibili con i tassi bancari; questo – per spiegare ancora meglio – perché la struttura, non ricevendo i pagamenti nel tempo stabilito è costretta a ricorrere al credito bancario con un aggravio dei costi che non può essere sostenuto.
Tutto questo perché lo Stato e gli Enti Locali, non pagano i loro debiti se non in tempi biblici; di questi, i debiti della sanità verso i fornitori sono arrivati a 30,7 miliardi di euro, quasi un terzo dei 100 miliardi che compongono il debito complessivo della Pubblica Amministrazione.
In alcune regioni le ASL arrivano a pagare addirittura a 790 giorni (oltre due anni) e quindi il nostro Consorzio può considerarsi un privilegiato se confrontato con quanto avviene in Calabria o in Campania; per inciso, la media degli analoghi pagamenti nell’UE è di 65 giorni; la differenza con i nostri tempi è macroscopica!
Il risultato, nel caso del nostro Consorzio, è che non hanno più cassa e sono quindi costretti a ricorrere strutturalmente all’anticipo fattura in banca, con tassi di interesse del 9-10%.
Il Consorzio rischia così di morire per “troppi crediti”; c’è molto lavoro ma l’azienda è…in perdita, per i motivi che ho sopra esposto; e quindi – come dichiara un dirigente del Consorzio – “il paradosso è che siamo leader nel segmento delle protesi sociali ma rischiamo il default, cioè il fallimento”.
Una considerazione: in tutto questo discorso esiste una sequenza che definirei “perversa”; le USL incassano il ticket dai cittadini prima del servizio eppure pagano i fornitori dopo sei mesi; questi ultimi sono costretti a ricorrere alle Banche le quali provvedono a strozzarli; attualmente il Consorzio ha 500/mila euro di crediti insoluti, per i quali dovrà ricorrere ad Istituti di Credito con le spese che tutti conoscono bene.
I dirigenti della struttura si sfogano con questa considerazione: “Monti, Passera e compagnia belle, devono capire che il problema occupazionale non si risolve con la FIAT o con aziende di quella levatura, ma solo con le PMI - Piccole e Medie Imprese, che garantiscono la maggior parte dei posti di lavoro; quindi, o fanno qualcosa velocemente o sarà il deserto…”.
Un ultimo commento: se un imprenditore privato contravvenisse così platealmente all’impegno temporale con un altro operatore – pagamento fissato a 90 giorni ed espletato nel migliore dei casi a 180 – sarebbe facile ricorrere alla Magistratura ed ottenere il pagamento coatto; quando c’è di mezzo lo Stato cambia tutto!! È giusto??

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