<$BlogRSDUrl$>

domenica, dicembre 25, 2011

RECESSIONE 

L’annuncio dell’ISTAT che il nostro Pil è calato dello 0,2% nel terzo trimestre 2011, ha portato tutti gli osservatori economici a sbandierare il termine “recessione”, anche se le scuole economiche più accreditate definiscono recessione la fase in cui il Pil – cioè la ricchezza complessiva prodotta dal Paese – diminuisce per due trimestri consecutivi; nel nostro caso non abbiamo questa situazione, in quanto l’altra diminuzione l’abbiamo avuta nel quarto trimestre del 2009; comunque lasciamo perdere queste sottigliezze e diciamo pure che il Paese è entrato in “recessione”: e allora che si fa?
Gli esperti e anche quelli “più esperti” dicono che fino a quando non avremo ridotto lo Stato alla dimensione di un “torsolo di mela”, non saremo a posto con i conti; infatti, fino al 2013, i costi per il mantenimento della macchina dello Stato saranno pari al 49,6% del Pil e questo è quanto di più anomalo si possa considerare; lasciando da parte le percentuali, diciamo subito che lo Stato spende per se 800/miliardi di euro l’anno su un Pil di 1.600/miliardi.
Dato che queste cifre ci inducono a riflettere sui costi dell’apparato, diciamo subito che la cifra attuale è “troppo alta”, al massimo ci potremmo permettere 600, meglio 500/miliardi; a quel punto saremmo “un paese normale” e, come è chiaro a tutti, le tasse non aumenterebbero, stante che l’attuale pressione è già altissima, per non definirla “insostenibile”.
Abbiamo la “fortuna” di avere un vicino di mare – la Grecia – che sta vivendo la nostra stessa avventura e che si è trovato, e si trova, nei nostri stessi panni, se non peggio; ebbene, il piano che i governanti greci hanno “dovuto” presentare alla U.E,. per avere gli indispensabili aiuti finanziari, prevede, oltre ad un taglio del 20% dei salari dei dipendenti della pubblica amministrazione, anche un licenziamento di 30/mila statali entro il 2015. È chiaro a tutti che una cosa simile attuata in Italia porterebbe il Paese alla guerra civile, ma auguriamoci solo che non si arrivi a tanto e che si possa percorrere altre strade.
Diciamo allora che molti desiderano che la pressione fiscale non aumenti e, credo che questo sia assolutamente normale e giusto; peraltro, se si aumentano le tasse o le imposte, il Paese rischia l’impossibilità di tornare ad un consumo normale, quindi è meglio evitare. Però, un settore che potrebbe essere messo sotto la lente d’ingrandimento – ai fini fiscali – è sicuramente quello delle escort e dico questo dopo aver letto una lettera di una signorina, che si firma Marina, che dopo essersi dichiarata “escort”, chiede la legalizzazione della prostituzione allo scopo – anche – di fare emergere il “lavoro sommerso” di circa 300mila individui e, soprattutto, l’emersione di un gettito di alcuni miliardi di euro l’anno di tasse; insomma, si parla tanto di lotta all’evasione e non si cerca di controllare questo “comparto” che ha un gettito così importante.
Del resto, dicono i fautori di questa operazione, molti Paesi europei lo hanno già fatto e con ottimi risultati: la Germania, ad esempio, ricava da questo “commercio” un gettito di 5/miliardi annui, i quali – prescindendo dai risvolti etico/religiosi – contribuiscono alla “buona salute”del bilancio statale della signora Merkel.
Da aggiungere che a favore della legalizzazione della prostituzione si dice, da più parti, che essa “non solo porterebbe miliardi di euro nelle casse dello Stato, ma risolverebbe indirettamente anche il problema dello sfruttamento e della tratta degli esseri umani”.
E se le escort contribuissero a sistemare i conti del Paese? Bene, brave, bis!!

This page is powered by Blogger. Isn't yours?