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martedì, novembre 15, 2011

BRICS 

La parola del titolo di questo post è soltanto un acronimo di “Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica”, cioè cinque Paesi che possono veramente condizionare la vita economica dell’intero pianeta.
I cinque Paesi che ho sopra menzionato, contano in quanto sono i soli ad avere “le casse piene” e, siccome noi – europei ed americani – le abbiamo vuote, ci appelliamo a loro perché creino in seno al FMI una sorta di meccanismo di intervento sulla base di quello che già avviene con la BCE; intendo, in grossa sostanza, di denaro fresco da gettare sul mercato quando i debiti sovrani superano la soglia del non ritorno e i Buoni del Tesoro dei Paesi sotto attacco speculativo, rischiano di diventare carta straccia, come è avvenuto in Grecia e come rischia di accadere anche in Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia.
Delle cinque lettere che formano il titolo, la più “importante” è sicuramente la “C”, cioè la Cina, che ha in cassaforte delle riserve valutarie prossime ai 3.5/trilioni di dollari (per renderlo più comprensibile dirò 3500/miliardi di dollari), una cifra assolutamente astronomica che il gigante orientale ha accumulato in dieci anni, da quando è stato incautamente ammesso al WTO e, con la sua concorrenza agguerrita (sleale?) ha progressivamente messo KO la piccola e media impresa di quasi tutti i Paesi europei, Italia in testa a tutti, ma anche quella degli Stati Uniti.
Riprendo la cifra “mostruosa” che ho sopra citato e per evidenziare ancora meglio la differenza tra la Cina e gli altri, dirò che le riserve valutarie della Russia sono di 525/miliardi (meno di un sesto), quelle dl Brasile, India e Sudafrica ammontano a “soli” 300/miliardi (più di un decimo di quelle cinesi).
Pertanto, è principalmente dalla Cina che l’Europa e l’America può aspettarsi una boccata d’ossigeno; per la verità. negli USA questo rapporto è già iniziato, dato che la Cina ha in portafoglio quasi ¾ dei bond americani e quindi il volante della macchina finanziaria e nelle mani cinesi. Ma sia chiaro che se l’aiuto ci sarà, non sarà disinteressato; il regime di Pechino chiede due cose: il riconoscimento dello status di “economia di mercato”, con conseguente maggiore penetrazione in tutte le economie e più potere in seno al FMI, vista la forza del Paese asiatico.
In piena crisi “mondiale” la Cina ha incrementato il numero delle unità imprenditoriali stanziate nel nostro Paese in maniera impressionante: negli ultimi 8 anni sono aumentate del 150%, mentre dal 2009 la crescita è stata dell’8,5%; in questo stesso periodo, le imprese italiane sono diminuite dello 0,4%. Se usciamo dalle considerazioni di carattere percentualistico, scopriamo che alla fine dello scorso anno, gli imprenditori cinesi hanno superato la soglia delle 54/mila unità.
Come combattere questi colossi che sono vicini a schiacciarci? Da qualche parte, una corrente dell’economia mondiale afferma che una soluzione al problema attuale sarebbe quello di gonfiare la liquidità monetaria, anche a costo di generare inflazione.
È quello che stanno provando a mettere in pratica sia la Federal Reserve americana che la Banca centrale giapponese; a detta di questi economisti, la BCE dovrebbe imitare i colleghi americani e giapponesi e stampare gli euro di cui l’Europa ha bisogno; in caso contrario – continuano questi economisti – dobbiamo rassegnarci all’asfissia.
Il nostro Mario Draghi, appena arrivato alla guida della BCE, sarà d’accordo con questa ricetta? Ed anche: riuscirà a piegare le resistenze tedesche, contrarie a questa operazione monetaristica?

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