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giovedì, settembre 29, 2011

ANCORA SUL "DIVERSO" 

Riprendo, in parte, la tematica del mio ultimo post riguardante l’immigrazione, in quanto mi è arrivata una notizia che mi ha colpito ed interessato molto; anche se non c’entra “direttamente” con il problema degli immigrati; ma andiamo avanti…
Se ricordate, nelle argomentazioni circa le tematiche dei migranti e la successiva “ripulsa” da parte degli indigeni, deve essere messo al primo posto il concetto di “paura del diverso”; è diversa la pelle, l’atteggiamento, la cultura, la lingua e soprattutto il modo di porgersi; insomma, la paura della diversità che ci arriva davanti è uno dei principali fattori che muove le altre problematiche dell’immigrazione.
E fin qui è tutto chiaro, anzi direi che è tutto “già detto”; allora qual è la novità che mi ha indotto a tornare sull’argomento? Forse non abbiamo completamente messo a fuoco il concetto di “diverso”, dato che situazioni di ripulsa le abbiamo anche tra noi, cittadini della stessa Nazione, anzi, della stessa Città, anzi dello stesso rione.
Ed ecco la notizia, come la ricevo da un quotidiano: una signora ha condotto il proprio fratello - invalido con una gamba amputata e con necessità di tubi per l’ossigeno e per i drenaggi – a dei giardini pubblici dove c’era una festa di bambini piccoli (tre anni circa); ad un certo momento, dopo che l’invalido si era goduto un po’ di sole e di bel tempo, una mamma dei bimbi che stavano giocando, si è avvicinata alla donna e le ha chiesto di spostarsi più in là, perché i bambini erano spaventati dell’invalido o meglio – per usare un termine più acconcio – del “diverso”.
Non è il primo caso che conosco di situazioni in cui la mancanza di una parte del proprio corpo diventa elemento discriminante: non molto tempo fa, alcune mamme inglesi portarono avanti una campagna affinché una emittente televisiva sospendesse un programma per bambini condotto da una bella e brava giornalista, alla quale però mancava un braccio: anche lei, secondo quelle mamme, spaventava i bambini!!
Anzitutto mi viene di dire “vergogna” a quelle madri che si trincerano dietro i bambini per trasmettere una loro idiosincrasia, derivata da questa modo di vivere nel quale ormai siamo condannati ad inseguire l’eterna giovinezza, ad ammirare solo “i sani e belli”; tutti gli altri si devono “attrezzare” per migliorarsi o…sparire!!
Ma questo è tipico dei grandi e non dei bambini! Loro, se i i grandi gliene parlano con calma e naturalezza non hanno certamente paura di un “diverso” fisico, ma anzi – in molti casi – riescono a comprendere la loro fortuna di non avere lo stesso problema di quel coetaneo al quale ben volentieri si dedicano per aiutarlo a superare le conseguenze dell’handicap.
Il luogo dove tutto ciò si sviluppa con maggiore frequenza è la scuola: in una classe di queste, c’era una bambina gravemente handicappata che – a detta dei genitori – “frenava l’apprendimento della classe”; tanto fu detto e tanto fu scritto per cui alla fine la bambina, sentendosi non accettata, ha cambiato scuola di sua volontà.
Ebbene, gli ex compagni di classe adesso la rimpiangono e le hanno scritto una bella lettera, chiedendole di ripensarci e di tornare sugli stessi banchi di prima; volete sapere il motivo che hanno indicato per tale richiesta? “Ci manchi; con te eravamo più buoni!!”
Certo che erano più buoni, soprattutto perché erano più ricchi, più forti, più attrezzati a gestire l’oggi e il domani; e di fatto, “più grandi”, proprio quando cominciano ad affacciarsi sul complesso mondo del vivere civile; ai bambini – salvo qualcuno con una madre “speciale” – non interessa la bellezza ma solo la bontà e la simpatia!! Tutto il resto sono “fisime dei grandi”, da non imputare ai bambini!!Chiaro??

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