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giovedì, agosto 25, 2011

SCIENZA E SOSPETTI 

Uno studio australiano – non è stato comunicato il nome dell’autore, forse se ne vergognano – ha sentenziato che guardare la televisione accorcia la vita; quanto? Calma, adesso vi svelo l’arcano: ogni 60 minuti che trascorriamo davanti al totem della nostra vita socio-culturale, la vita si accorcia di 22 minuti.
La ricerca non dice se il problema sia la televisione in quanto elettrodomestico oppure i suoi programmi; nel primo caso mi aspetterei analoga situazione anche stando a guardare uil frigorifero o la lavastoviglie, ma non mi viene detto e quindi non posso affermarlo; nel secondo caso (quello che trasmette) non viene specificato se esiste un genere particolare che incide maggiormente sulla caduta della vita oppure se genericamente, basta che qualcosa si muova sullo schermo, è la trasmissione che automaticamente ci fa perdere questa percentuale di esistenza.
A parte questi distinguo che inficiano – almeno a mio giudizio - la ricerca, se continuiamo a suffragare quanto affermato dagli australiani, abbiamo dati che non possono non preoccuparci: con i livelli sopra enunciati, possiamo affermare che quattro ore di televisione al giorno (statisticamente è una media accettabile) dopo dieci anni di questo tipo di esistenza, un individuo ne “butta via” quasi uno sull’altare della TV: non mi sembra affatto poco e credo che ci sia da preoccuparci, almeno se crediamo a quanto affermato in partenza dai ricercatori australiani.
Quello che mi lascia perplesso è la trascuratezza nei generi televisivi che scegliamo, come a dire che quattro ore giornaliere davanti a “Il grande fratello” sono uguali allo stesso tempo passato a vedere un film o un documentario sulle bestie feroci; insomma, questo fare di tutt’erba un fascio mi induce a sospettare.
Un po’ come avviene nel campo degli invalidi civili e dei conseguenti permessi per circolare nei centri storici delle città, luoghi di norma vietati al transito delle auto; ebbene, in una città del centro Italia, si è scoperto uno scandalo dalle proporzioni gigantesche: il rilascio di questi contrassegni da attaccare al veicolo relativo, era diventata una autentica barzelletta; ne volete un esempio? Ai giocatori più rappresentativi della locale squadra di calcio, veniva “regalato” il contrassegno che consentiva loro di scorrazzare tranquillamente per il centro storico.
I giocatori si difendono dicendo di essere in buona fede, ma solo se si proclamano totalmente incapaci di intendere e di volere possiamo credere a questa loro affermazione: come è possibile che non si siano resi conto che il contrassegno che veniva regalato era chiaramente un qualcosa che faceva parte di una “truffa”?
Questi signori (inteso nel senso di ricchi, ma con poco cervello), sono stati naturalmente convocati in Procura e sono caduti dalle nuvole, come si dice in questi casi, sostenendo la loro situazione con affermazioni che definirei comiche; sentitene una: “ci possono essere stati errori da parte nostra, ma commessi banalmente; in questa vicenda siamo tutti in buonafede; se abbiamo sbagliato pagheremo”.
Nessuno di loro si è reso neppure conto dell’ossimoro (accostamento di due realtà assolutamente contrarie) che si era verificato: ad un campione del pallone, notoriamente agile e bravissimo a correre e scattare, viene data la patente di “invalido”, cioè di uno che ha grandi difficoltà a muoversi. Ma forse hanno pensato che a loro tutto era dovuto, anche entrare in zone vietate alla gente comune e quindi non ci hanno fatto caso se hanno ricevuto un cartoncino: forse l’hanno preso per il contrassegno dovuto alle persone “diverse” (in senso buono ovviamente).

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