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martedì, luglio 12, 2011

LA FINANZA MONDIALE IN SUBBUGLIO 

È il comparto finanziario, meglio ancora, quello “borsistico”, che ha grossi problemi, ma come al solito chi ci rimette è l’economia reale e, in particolare la forza lavoro, sulla quale si scaricano tutte le tensioni: come se fosse colpa degli operai!!
Moody’s, dopo le rilevazioni a carico dell’Italia, si è scatenata contro il Portogallo ed ha tagliato di quattro gradini il rating sovrano del Portogallo, portando il suo debito pubblico a livello di “junk”, cioè spazzatura; oltre alla solita Italia che non manca mai quando ci sono casini all’orizzonte, anche l’America non dorme sonni tranquilli: l’amministrazione Obama ha tempo fino al 2 agosto prossimo per trovare un’intesa con l’opposizione in modo che il livello dell’indebitamento venga alzato “per legge” e quindi non si vada incontro ad una situazione di “default”, cioè di insolvenza verso i dipendenti ed i creditori in genere; insomma, le Borse sono quasi tutte a picco!!
Obama ha convocato i leader dei due partiti al Congresso per trattare il contestuale piano di riduzione del debito e del deficit di bilancio; il Presidente ha affermato che “dobbiamo risparmiare migliaia di miliardi (di dollari) nel prossimo decennio e ancora di più in quelli seguenti; democratici e repubblicani devono accordarsi su compromessi reali: io sono disposto a farlo, spero che anche loro la pensino così”.
La preoccupazione di Obama per l’attuale situazione deriva dal fatto che l’America “ha una ripresa che è ancora fragile e quindi non produce un aumento dei posti di lavoro, circostanza della quale abbiamo strenuo bisogno”.
Su questo problema – il lavoro che manca – mi è venuto in mente il libro di un americano di origine greca, Tim Tzoliadis, dal titolo “Gli abbandonati” che narra la storia di alcune migliaia di americani che nel 1929, a seguito della “grande crisi” si ritrovarono senza lavoro (ci furono 13/milioni di disoccupati) e furono investiti dalla propaganda sovietica che presentava la Russia come un Paese pieno di opportunità e mosso da sentimenti di uguaglianza e giustizia sociale.
Accanto a questa “propaganda” messa in piedi direttamente dall’Unione Sovietica, si ebbe anche il supporto di molti intellettuali anglosassoni, molto famosi e molto ascoltati dalla massa, primo fra questi George Bernard Shaw.
Naturalmente, in quel periodo storico non c’erano i tanti mezzi di comunicazione che esistono adesso, e coloro che partirono lo fecero essendo assolutamente ignari della realtà che li aspettava; appena arrivati sul suolo sovietico, vennero avvicinati da alcune centinaia di giovani sovietici che inneggiavano al baseball, al jazz ma – allo stesso tempo – provvidero a confiscare tutti i passaporti, operazione che dette inizio al calvario di questi disgraziati: il seguito fu pieno di tragedie, di uccisioni, di sparizioni nei famigerati gulag sovietici.
Di questi “simpatizzanti comunisti con problemi di lavoro” ne tornarono poche decine e nessuno si mosse per investigare sulla fine atroce che fecero tutti gli altri; insieme a questi statunitensi, c’erano anche un certo numero di italiani – tutti convinti di andare nel famoso “paradiso dei lavoratori” – che fecero la stessa fine dei compagni americani; entrambi questi gruppi non hanno avuto nessun aiuto dai rispettivi governi sia nell’iniziale fasi della partenza che successivamente per rintracciare le storie dei singoli lavoratori e le orribili situazioni vissute: da noi gli operai partirono che c’era Mussolini che non fece niente per fermarli, ma non fece niente per rintracciarli neppure il governo che venne dopo il dittatore, nel quale aveva molta voce in capitolo anche Togliatti e altri esponenti dell’Internazionale socialista. Vergogna comune!!

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