lunedì, giugno 06, 2011
NON SI SBLOCCA LA SITUAZIONE IN LIBIA
In Libia ancora combattimenti tra truppe ribelli e quelle fedeli al colonnello Gheddafi; accanto – o giù di lì – la situazione delle ribellioni africane non ha sosta:; si combatte in Siria, dove il regime sta usando mezzi pesanti e blindati per sconfiggere le giovani milizie ribelli; si combatte nello Yemen, dove sembra che il capo del governo sia stato ferito pesantemente da un colpo di arma da fuoco; continuano le rivolte – più o meno velate – dei giovani iraniani contro il regime degli Ayatollah.
In tutte queste vicende il cosiddetto mondo civile occidentale si guarda bene dall’intervenire e continua invece a bombardare quotidianamente il bunker di Gheddafi, provocando morti e feriti tra la popolazione civile: pensiamoci bene, ma la missione ONU doveva proteggere la popolazione civile ed invece siamo proprio noi dell’occidente ad ucciderli: paradossi delle guerre!
Per la vicenda libica ci sono due novità: la prima arriva direttamente da Washington ed è una legge – bipartisan, cioè firmata da entrambi i partiti, repubblicano e democratico - con cui si chiede esplicitamente al Presidente Obama un “immediato disimpegno dalla sconsiderata guerra voluta da Francia e Gran Bretagna” e nella quale l’America si è trovata, suo malgrado, coinvolta.
Al momento non è che la partecipazione degli USA alle operazioni belliche si possa considerare “determinante”: dopo le prime due settimane nelle quali ha lanciato la bellezza di 300 missili dalle unità navali alla fonda nei porti libici, attualmente si limita a fornire appoggio logistico utilizzando gli Awacs e rifornimento in volo agli aerei utilizzati per bombardare la Libia; possiamo quindi affermare che la partecipazione si è affievolita considerevolmente ed è diventata “simbolica”. Ma se verrà approvata la legge di cui parlavo qui sopra, le truppe USA ed il loro materiale logistico e iper-tecnologico, dovranno tornarsene a casa e questo creerebbe non pochi problemi alle truppe europee in seno alla Natio che si vedrebbero private dell’appoggio tattico.
Ed inoltre, un dittatorello da quattro soldi come il colonnello Gheddafi, risulterebbe vincitore sulla più potente macchina militare del mondo.
Il motivo per cui il Parlamento USAS potrebbe votare all’unanimità questa legge, discende dal fatto che Obama ha disatteso una norma americana del 1973 nella quale è espressamente prescritto che il Presidente deve chiedere al Congresso – entro 60 giorni - la ratifica per ogni azione militare e questo non è stato fatto; inoltre, mentre le operazioni in Afganistan sono considerate materia della “sicurezza nazionale” quelle in Libia esulano da questa situazione e quindi manca l’autorizzazio9ne specifica.
Continuano comunque le trattative con Gheddafi per trovare una soluzione pacifica al conflitto con le truppe ribelli, armate sotto banco dagli occidentali; è di pochi giorni or sono l’arrivo a Tripoli del Presidente sudafricano che si è trattenuto un paio di giorni per cercare con le varie parti in causa una soluzione al conflitto.
È chiaro che lo scoglio maggiore è la collocazione fisica del colonnello in un futuro riassetto del Paese; da notare che Gheddafi è l’unico dei capi storici dell’Africa che non si è imbarcato su un aereo e se ne è andato all’estero, magari con una buona parte del suo patrimonio, regolarmente o meno detenuto.
Adesso, a questa situazione c’è una prospettiva: lasciare Gheddafi in Libia senza alcun potere, come un simbolico re, un ruolo che già è stato di Juan Carlos in Spagna all’indomani della caduta del franchismo; potrebbe essere una soluzione che farebbe risparmiare delle vittime civili e quindi da prendere in considerazione.
In tutte queste vicende il cosiddetto mondo civile occidentale si guarda bene dall’intervenire e continua invece a bombardare quotidianamente il bunker di Gheddafi, provocando morti e feriti tra la popolazione civile: pensiamoci bene, ma la missione ONU doveva proteggere la popolazione civile ed invece siamo proprio noi dell’occidente ad ucciderli: paradossi delle guerre!
Per la vicenda libica ci sono due novità: la prima arriva direttamente da Washington ed è una legge – bipartisan, cioè firmata da entrambi i partiti, repubblicano e democratico - con cui si chiede esplicitamente al Presidente Obama un “immediato disimpegno dalla sconsiderata guerra voluta da Francia e Gran Bretagna” e nella quale l’America si è trovata, suo malgrado, coinvolta.
Al momento non è che la partecipazione degli USA alle operazioni belliche si possa considerare “determinante”: dopo le prime due settimane nelle quali ha lanciato la bellezza di 300 missili dalle unità navali alla fonda nei porti libici, attualmente si limita a fornire appoggio logistico utilizzando gli Awacs e rifornimento in volo agli aerei utilizzati per bombardare la Libia; possiamo quindi affermare che la partecipazione si è affievolita considerevolmente ed è diventata “simbolica”. Ma se verrà approvata la legge di cui parlavo qui sopra, le truppe USA ed il loro materiale logistico e iper-tecnologico, dovranno tornarsene a casa e questo creerebbe non pochi problemi alle truppe europee in seno alla Natio che si vedrebbero private dell’appoggio tattico.
Ed inoltre, un dittatorello da quattro soldi come il colonnello Gheddafi, risulterebbe vincitore sulla più potente macchina militare del mondo.
Il motivo per cui il Parlamento USAS potrebbe votare all’unanimità questa legge, discende dal fatto che Obama ha disatteso una norma americana del 1973 nella quale è espressamente prescritto che il Presidente deve chiedere al Congresso – entro 60 giorni - la ratifica per ogni azione militare e questo non è stato fatto; inoltre, mentre le operazioni in Afganistan sono considerate materia della “sicurezza nazionale” quelle in Libia esulano da questa situazione e quindi manca l’autorizzazio9ne specifica.
Continuano comunque le trattative con Gheddafi per trovare una soluzione pacifica al conflitto con le truppe ribelli, armate sotto banco dagli occidentali; è di pochi giorni or sono l’arrivo a Tripoli del Presidente sudafricano che si è trattenuto un paio di giorni per cercare con le varie parti in causa una soluzione al conflitto.
È chiaro che lo scoglio maggiore è la collocazione fisica del colonnello in un futuro riassetto del Paese; da notare che Gheddafi è l’unico dei capi storici dell’Africa che non si è imbarcato su un aereo e se ne è andato all’estero, magari con una buona parte del suo patrimonio, regolarmente o meno detenuto.
Adesso, a questa situazione c’è una prospettiva: lasciare Gheddafi in Libia senza alcun potere, come un simbolico re, un ruolo che già è stato di Juan Carlos in Spagna all’indomani della caduta del franchismo; potrebbe essere una soluzione che farebbe risparmiare delle vittime civili e quindi da prendere in considerazione.