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mercoledì, maggio 25, 2011

TUTTI PARLANO DI VECCHIAIA 

Una delle parole che al giorno d’oggi è più pronunciata è “vecchiaia”; la si usa in antitesi a “giovinezza”, la si usa anche per accennare i problemi della gente; insomma la si usa molto e alcune volte a sproposito.
Andiamo con ordine e troviamo prima la definizione del termine “vecchiaia”: il Devoto Oli dice: “la fase più avanzata del ciclo biologico, nella quale si manifestano vistosi fenomeni di decadimento fisico e un generale indebolimento dell’organismo”; ma ora proviamo a leggere le definizioni di parole similari: la prima è “senescenza” e recita così: “processo biologico, seguente all’età matura, caratterizzato specialmente da modificazioni strutturali e dal decadimenti di varie attività e funzioni fisiologiche”.
Avrete notato che la ricerca di differenziare i termini inerenti la vecchiaia non mi ha condotto da nessuna parte in quanto tutti, in bella sostanza, affermano la stessa cosa: “decadimento fisico e mentale”; ma come possiamo conciliare questa “certezza” con quanto ci dicono le statistiche e cioè che siamo una società con sempre meno giovani e sempre più anziani, fatta come è di tanti decrepiti “vecchi” e sempre meno di bei giovanotti o vezzose signorine.
Ma andiamo avanti e così scopriamo che il problema di questi anziani, o senescenti, fate voi, è quello di capire quanto ancora dureranno in vita; nessuno ci ha mostrato una sorta di registro in cui c’è la data in cui ognuno di noi lascerà questa valle di lacrime e quindi tutti siamo curiosi di apprendere “quanto ci resta”.
Ebbene, sembra che in Inghilterra abbiano scoperto che da una semplice analisi del sangue si possa stabilire quanto vivremo, magari non “il giorno”, ma almeno l’anno; sembra che entro una diecina d’anni sarà alla portata di tutti e già iniziamo a sentire: io non lo voglio sapere ed io invece sì, io ho paura di saperlo e via di questo passo. Questo perché dobbiamo convenire che interrogare il futuro e scoprire quale sarà la nostra sorte, ci spaventa moltissimo ma – al tempo stesso – ci affascina, in quanto tutti viviamo nell’illusione di essere eterni e scoprire che abbiamo una “fine” ci terrorizza.
Ognuno di noi, infatti, s’illude che il mondo non potrà mai fare a meno di lui e, al tempo stesso abbiamo paura di essere soppiantati da altri, migliori di noi, con nuove mentalità e cultura e quindi aspiriamo a sopravvivere in continuazione: quest’ultima affermazione è solo virtuale, ma ha il suo fascino e quindi la uso!!
In sostanza, abbiamo paura di essere “soppiantati” da altri, anche perché abbiamo la sensazione che nessuno – meglio di noi – potrà portare avanti la nostra cultura e quindi, temiamo che la nostra dipartita cancellerà la cultura della nostra epoca, perché nessuno di coloro che ci sopravvivrà riuscirà a darne piena testimonianza come noi.
È una sciocchezza, ma è anche una scusa “morale” con cui nascondiamo la paura dell’ignoto che noi abbiamo e che cerchiamo di lenire con la religione, investendo il buon Dio delle nostre angosce di morte e del terrore del Nulla che temiamo ci aspetti.
A chi nega l’esistenza di Dio replicano i credenti che l’uomo “sente il bisogno di Dio e che non c’è al mondo alcun bisogno cui non corrisponda un oggetto di questo bisogno”; quindi, il bisogno di Dio ne confermerebbe l’esistenza: troppo logico!!
Ma l’uomo – lasciando da parte Dio – cerca inutilmente di rimuovere la presenza della morte, realtà ineluttabile che tutti noi cerchiamo di rigettare nei meandri più profondi della nostra mente, laddove non riusciamo ad arrivare con la sola logica, quella logica, si badi bene, che ci è stata data dal buon Dio e che ognuno di noi usa come meglio crede; ed anche questo libero arbitrio è una facoltà che ci viene data da Dio!!

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