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sabato, marzo 19, 2011

IL PROBLEMA GHEDDAFI 

Le rivolte nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo stanno concludendosi tutte in favore degli insorti, con il vecchio regime che è fuggito all’estero oppure è stato imprigionato: in Libia, invece, il colonnello Gheddafi, ha dato fondo a tutte le sue risorse militari e sta contrattaccando i ribelli che stanno perdendo terreno e, quello che più conta, si registrano tante vittime tra i civili inermi e indifesi.
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha emanato una direttiva che impone una “no-fly-zone” sulla Libia; in concreto, è un divieto agli aerei del Rais di alzarsi in volo e bombardare o mitragliare gli insorti: adesso è la NATO che deve prendere una decisione per attuare la direttiva, ma non sarà facile trovare i Paesi che s’incarichino di questa operazione.
Tanto per cominciare, il buon Gheddafi usa la stessa tattica di sempre che potremmo definire “una bianca e una nera”, cioè manda minacce di sabotare il petrolio ed il gas libico e di destinare – in un prossimo futuro – tutta la sua produzione al cliente più appetito da tutte le Nazioni: la Cina; dall’altra afferma che i contratti in essere con i vari Paesi occidentali (in particolare quello con l’E.N.I.) non verranno messi in discussione e quindi non ci saranno cambiamenti.
A proposito di “energia”, anche in questo caso i problemi nascono dall’impellente necessità di tutti i Paesi di gestire le fonti energetiche; a tale riguardo, vi ricorderete la famosa “guerra” scatenata da Bush contro l’Irak ufficialmente per scovare le armi di distruzione di massa (ovviamente non rinvenute), ma ufficiosamente (così fu detto da tutti gli analisti politici) per accaparrarsi il petrolio iracheno.
Ebbene, a distanza di qualche anno i governi che si succedettero a Saddam, per dimostrare la loro autonomia nei confronto degli “invasori”, diedero le concessioni petrolifere a tutti fuorché agli americani e, in quel caso, le compagnie che ne approfittarono maggiormente si chiamavano Shenhua Oil, Sinochen, Unipec e China offshore, cioè quattro compagnie cinesi che hanno provveduto – e stanno provvedendo tuttora - a imbarcare il petrolio iracheno e trasferirlo in Cina, quella Cina che si era furbescamente astenuta dal partecipare al conflitto e non aveva quindi speso un centesimo in quella guerra che agli americani era costata invece un trilione di dollari e molte migliaia di morti; e non è ancora finita…
Quindi, intervenire in Libia potrebbe rivelarsi un tragico errore strategico, anche perché gli insorti si sgolano a dire di non volere interventi esterni e quindi ogni nostra mossa (dell’occidente intendo) potrebbe essere vista come un nuovo tentativo di invasione ai fini di un ritorno a pratiche di colonizzazione ben conosciute.
Per quanto ci riguarda come Nazione, dobbiamo ricordare che l’Italia ha un rapporto “privilegiato” con Gheddafi, messo in piedi non solo per motivi “energetici”, ma anche per tentare di arginare gli sbarchi dei clandestini a Lampedusa; a questo fine è stato stipulato un “patto di amicizia” con la Libia, operazione della quale gli amici del centrosinistra ebbero a contestarne al Governo la primogenitura, ricordandogli che le basi di quel patto erano state poste da Prodi e D’Alema; ovviamente, come accade in questi casi, oggi che Gheddafi, da personaggio folcloristico è tornato ad essere quel dittatore sanguinario che governa la Libia da ben 42 anni, si registra un fuggi fuggi generale e tutti fanno finta di non averlo neppure mai conosciuto.
Ma ricordiamoci che la Libia è anche lo stato africano più ricco, con tutto quello che ciò significa per tutti noi; quindi, occhio alle mosse che si fanno e speriamo bene!!

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