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venerdì, febbraio 25, 2011

DIPLOMATICI DOPO WIKILEAKS 

Diceva Talleyrand – che conosceva bene i suoi polli, avendone fatto parte – che i diplomatici sono “dei bugiardi al servizio del proprio Paese”.
È vera questa diagnosi? Forse, ma sicuramente possiamo dire che in pubblico un diplomatico non ti dirà mai ciò che pensa su un qualsiasi argomento, fosse il più ovvio e innocuo del mondo; anzi, a volte ti dice esattamente l’opposto perché il suo compito primario è quello di cercare il modo per smussare gli angoli e mantenere aperture negoziali, favorire e non ostacolare compromessi; insomma fare dei discorsi che “non significano niente” con lo scopo precipuo di “non dire niente”.
Ovviamente, in privato o meglio nei resoconti diretti ai propri governi, a coloro che gli pagano lo stipendio, il diplomatico si spoglia di tutte le sfumature e dei giri di parole e cerca di sviluppare delle analisi concrete con l’impegno di indicare “dove si troverà la palla quando riprenderà il gioco” e cercare quindi di anticipare le mosse degli altri Paesi, siano essi nemici o amici del proprio.
Ecco il motivo per cui questi “rapporti” vengono tuttora trasmessi in codice e vengono decodificati solo per permettere al destinatario di leggerli e subito dopo sono accuratamente archiviati in modo “segreto”.
Naturalmente nessuno poteva pensare che questi “segreti” rivolti a presentare le caratteristiche dei governanti del mondo, potessero interessare a qualcuno che non fosse una “spia” della Nazione “nemica”; e invece, qualche funzionario del Dipartimento di Stato – prima di tutto americano, ma anche di altri Paesi – ha pensato che queste analisi, ovviamente decodificate, potessero diventare materiale “da vendere” in quanto il grosso pubblico poteva essere interessato a conoscere le abitudini sessuali di tale Primo Ministro o le scappatelle dell’altro Presidente.
Ma per fare questo ci voleva il “veicolo” attraverso cui mettere queste informazioni a conoscenza del pubblico; a questo ci ha pensato il signor Assange che ha messo in piedi un sito internet dal nome particolare – Wikileaks, cioè “fuga di notizie”– allo scopo di permettere alla gente di appoggiare l’occhio alla serratura dell’ufficio dal quale il diplomatico scrive i propri rapporti. E così le indiscrezioni, i pettegolezzi dei diplomatici sono diventati di dominio pubblico e quindi – di fatto – stanno cambiando il futuro delle comunicazioni tra la diplomazia ed il proprio governo.
Da ora in poi, i rapporti, le analisi dei diplomatici saranno più circospetti, più “ipocriti”, direi più “politically correct” e quindi meno interessanti per il grosso pubblico; il succo della comunicazione – se c’è qualcosa di “interessante” – avverrà attraverso conversazioni orali alle quali sicuramente Assange non potrà arrivare, almeno allo stato attuale della tecnologia; e allora il fatto che il re dell’Arabia Saudita chieda agli USA di bombardare i siti nucleari dell’Iran, sarà oggetto di una conversazione privata ma certamente non apparirà in nessun foglio di carta e tanto meno in nessun sito web.
In sostanza,cambierà il modo della comunicazione, partendo anche dalle fonti attraverso cui i diplomatici acquisiscono le informazioni: gli interlocutori dei diplomatici saranno molto più restii a rivelare circostanze che potranno poi far risalire a loro.
Ed infine, cambieranno i modi di comunicare delle ambasciate dei paesi democratici rispetto a quelle dei paesi totalitari: questi ultimi infatti, saranno ragionevolmente sicuri che nessun Assange potrà entrare in possesso di questi rapporti e quindi non potrà minacciarne la segretezza. Sotto alcuni aspetti “benedetto Assange”, sotto altri “maledetto Assange”. Scegliete voi quale possa essere il vostro motto!!

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