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martedì, gennaio 18, 2011

TUNISIA: E' VERA RIVOLUZIONE? 

I miei lettori mi scuseranno se anziché occuparmi delle squallide vicende del nostro premier (e della sua fantomatica compagna “fissa”), attraverso il Mediterraneo e mi occupo della vicenda tunisina, i cui lineamenti definitivi sono ancora molto confusi, ma ci permettono comunque qualche considerazione.
Anzitutto diciamo subito che al momento in cui scrivo, non sono ancora finiti i disordini che hanno portato alla “fuga” del Presidente-dittatore Ben Alì e della consorte che – per motivi solo “sentimentali” sia chiaro - si è portata dietro una tonnellata e mezzo d’oro (valore 45/milioni di euro); fin qui tutto regolare, tutto secondo la prassi ormai consolidata che in questi casi prevede la fuga in un Paese che lo ospita (in questo caso l’Arabia Saudita, l’unico che si è esposto alle contumelie di tutti gli altri), il trafugamento del bottino di anni di potere e il caos lasciato a livello della povera gente.
Già, a proposito della povera gente, sia chiaro che la rivoluzione – vera o presunta che sia – è iniziata sull’onda di proteste violentissime della popolazione che veniva gravata da aumenti vertiginosi di pane e di altri alimenti di prima necessità; tutto questo – in un paese che veniva gestito con pugno di ferro – ha scatenato la reazione dell’esercito che ha provocato decine di morti; ma i dimostranti non si sono arresi ed hanno continuato le proteste che sono poi sfociate nella fuga di Ben Alì, nell’arresto del Ministro dell’Interno e nell’assunzione del potere dal parte del Presidente del Parlamento tunisino, impegnato nella costituzione di un governo di unità nazionale, in attesa delle “immancabili elezioni democratiche”, promesse entro 60 giorni.
Facciamo un passo indietro e diciamo subito che l’attuale presidente fuggiasco era ben visto ed appoggiato da quasi tutti i governi occidentali – che magari ora faranno a gara a disconoscerlo – in quanto rappresentava l’”uomo forte” che poteva fare diga contro l’islamismo esasperato che stava dilagando nel Magreb; i lettori si ricorderanno delle uccisioni barbare (sgozzamenti) che si sono avute non molto tempo addietro nella vicina Algeria, tutte rivendicate dalla fazione algerina di Al Qaeda.
Un’altra considerazione: la Tunisia è un paese islamico, ma – a differenza dell’Iran religioso – è uno stato “secolare” e quindi allo stesso tempo più semplice e più difficile da governare; finora ha avuto solo il bastone e adesso dovrà avere “le regole”..
Ed ora parliamo delle “promesse” elezioni democratiche: in un Paese dalla variegata composizione etno-religiosa, fare le elezioni è veramente un’impresa difficile; per di più in presenza di una componente islamica che potrebbe rialzare la testa e combinare qualche guaio; i miei lettori sanno che quando si usa il termine “democrazia” mi viene l’orticaria, in quanto ho già detto – e confermo, ovviamente – che la democrazia rappresentativa è un ingegnoso sistema per fregare la gente e soprattutto la povera gente; questo perché non si tratta di vera e propria democrazia ma solo di un sistema di minoranze organizzate, di oligarchie – politiche ed economiche tra loro strettamente intrecciate – che opprimono l’individuo “singolo” che rifiuta di sottomettersi ad umilianti assoggettamenti, di baciare babbucce di vario colore, cioè dell’uomo “libero” che il liberalismo e quindi la democrazia da cui discende,doveva valorizzarne capacità e meriti e che sarebbe il “cittadino ideale” di una democrazia se esistesse davvero e che ne diventa invece la vittima designata. Scusate lo sfogo, ma la Tunisia sembra il Paese “tipo” per far scaturire tutte queste situazioni “illiberali”.
Comunque, per tornare alla Tunisia, facciamo tanti auguri a quel popolo ed a coloro che saranno chiamati a succedere a Ben Ali ed a sistemare le cose!!

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