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mercoledì, gennaio 12, 2011

COSA NE FACCIAMO DI QUESTI VECCHI? 

Ci torno ogni tanto su questo argomento, forse perché mi sento “parte interessata”, ma soprattutto perché ritengo che uno Stato che se ne frega degli anziani (e dei bambini) non ha diritto di nessun rispetto, o meglio non ha diritto di essere il gestore di una società che non ha la minima attenzione per coloro che non sanno (cioè non hanno la forza) di reagire. Ed ecco la vicenda che mi ha interessato: nella mia città è scoppiata nuovamente una polemica che sembrava sopita in quanto le strutture sanitarie apposite (Regione e Comune) avevano assicurato il loro interessamento, ma adesso, il quotidiano locale pubblica la fattura emessa da una RSA – Residenza sanitaria assistita – ovviamente “privata” – che chiede ai familiari di una signora (novantenne, invalida e affetta da una leucemia incurabile) la bella “retta” di 3.400 euro per un mese di degenza. La famiglia dell’anziana signora aveva sistemato i debiti precedenti vendendo una casa di proprietà della figlia e coprendo così le cifre da pagare; ma con un “salasso” di quasi 50.000 euro annue, si fa presto a finire anche il reddito della vendita di una casa; e adesso che cosa facciamo? La buttiamo in Arno e così chiudiamo la vicenda?
Potrebbe essere un’idea, una delle mie idee bislacche, quella di decidere l’eliminazione fisica di quegli anziani che una dotta commissione di saggi e di esperti multidisciplinari, considerano “irrecuperabili”; quindi uno o una anziana che non possa essere aiutata dai figli con cifre di questo livello - che peraltro mettono in crisi qualunque famiglia – e che non ha una “pensione sufficiente a pagare la retta del “privato” che sta lucrando ignobilmente in questo comparto dell’assistenza, non ha altra scelta che uscire di scena con minore dolore possibile.
Infatti, la mano pubblica (ripeto: Comune e Regione) qualora non sia in grado di assistere le persone inabili, dopo aver loro asciugata l’intera pensione ed aver venduto eventuali beni mobili e immobili, passa a battere cassa nei confronti dei figli.
Facciamo una breve riflessione: come pensate che ci rimanga (ovviamente sotto l’aspetto psicologico, peraltro importantissimo a quell’età) l’anziano che dopo una vita di lavoro, non ha neppure la possibilità di morire in pace, ma deve “dare fastidio” ai figli i quali dovrebbero pagargli questi ultimi scampoli di vita; vi sembra giusto?? Insomma, nel momento in cui l’anziano pensa a cosa “lasciare” a figli e nipoti, si ritrova invece a “chiedere” loro un aiuto per concludere questo scampoli di vita che gli rimane.
Nella stessa pagina del quotidiano che illustrava la vicenda dell’anziana, c’era la notizia dell’apertura di una di quelle strutture “di eccellenza”, come si chiamano adesso, per la quale è stato fatto rientrare dagli Stati Uniti un giovane astro nascente dalla chirurgia; il tutto – peraltro giustamente – costa una tombola sia per il suo stipendio, poi per quello della pletorica pattuglia di assistenti e quindi per i numerosi infermieri e per il costosissimo materiale da impiegare.
Che c’entra, mi direte, sono due cose diverse, da una parte c’è l’eccellenza” e dall’altra c’è una vecchia che non ha speranza di guarire dal tremendo morbo della “vecchiaia”.
Un mio antico maestro mi ha sempre insegnato che indossare un bel vestito ma avere la pancia vuota, non è affatto conciliabile; cioè, quando si debbono fare delle scelte, come mai si privilegia “l’eccellenza” (il vestito nuovo) e si manda a ramengo tutti i vecchi (la pancia vuota) che hanno “osato” arrivare a 90 anni di vita? E ripeto quanto ho già detto altre volte: se lo Stato non ha i soldi per assistere gli anziani abbia almeno il coraggio di determinarne la morte!! Chiaro??

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